La scuola e i valori etico politici
di Maria Teresa Iannitto---12-03-2018
Gli appelli ad una maggiore centralità della cultura nella scuola sono un dato ricorrente di questi anni, accompagnati dalla richiesta del ripristino del dovuto spazio a materie come letteratura, scienze, storia matematica, che sarebbe stato aggredito dall’inserimento di discipline o attività più moderne. A prima vista sembrerebbe proprio difficile non essere d’accordo. Eppure c’è qualcosa di nostalgico in questi appelli, qualcosa che richiama “il bel tempo che fu”. “La limitazione delle iscrizioni è propria delle scuole di cultura e risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole chiudendole ai deboli e agli incapaci. Noi abbiamo troppi ed inutili, quando non son valenti, professionisti, ed abbiamo invece molto bisogno di industriali, di commercianti, di artieri, di minuti professionisti”. Questo pensava Gentile, insieme a Croce e per certi versi anche Gobetti ne condivideva l’assunto. Nella riforma scolastica di Gentile la “cultura” preferibilmente umanistica, è riservata alle classi dirigenti, l’istruzione è per gli altri, ceti marginali e disabili ovviamente esclusi. Se questo disegno strategico poteva andar bene nell’epoca della formazione degli stati nazionali e del trionfo del liberalismo, ha ancora senso guardare all’indietro in un mondo radicalmente cambiato? La conoscenza, intellettuale, pratica, oggettivata, ha avuto un ruolo importante in tutte le società umane, “ma oggi essa ha assunto una varietà di forme tanto sofisticate e tanto presenti capillarmente nella vita quotidiana e una capacità di circolare a tale velocità, raggiungendo tutti gli angoli della società planetaria da essere ormai il motore principale dell’economia e della vita sociale, oltre che riempire la vita di ciascuno di noi nell’attività formativa lungo l’intero arco della vita, in quella lavorativa e nel tempo libero” (Cerroni, 2016). E’ dal 1993 che l’Unione Europea ha posto al centro delle sue politiche il problema di come adeguare l’istruzione e la formazione professionale alle sfide della tecnologia e della globalizzazione. In queste condizioni il problema è far si che tutti i cittadini accedano agli strumenti di conoscenza che li affranchino dall’emarginazione lavorativa e culturale. La coesione sociale a cui tendono le politiche ue sull’istruzione non è in fondo il valore etico-politico della conoscenza della società contemporanea? Bisogna dunque intendersi sul significato di questo richiamo alla cultura. Se poi vogliamo affrontare un livello più pratico della questione, bisognerebbe avere il coraggio di dire che nella scuola italiana le materie o discipline sono troppe, e che spesso i contenuti si sovrappongono. Gli orari scolastici sono una girandola di docenti che si susseguono freneticamente, specialmente nella scuola di base, dove tutte le discipline sono sullo stesso piano (per carità! Mica vogliamo offendere qualcuno parlando di saperi essenziali!) Anzi, e per esempio, come più volte manifestazioni di piazza e appelli hanno richiesto, aumentiamo le ore-e le cattedre- di storia dell’arte, allungando l’orario e costringendo gli alunni a imparare a memoria più pagine del libro di testo. Ci sarebbe da affrontare poi la questione della formazione e del reclutamento degli insegnanti, ma se non ci si intende tutti sul ruolo e lo scopo dell’esistenza della scuola anche questo argomento risulta un po' campato in aria.