Le dirigenze politiche palestinesi
di Rosy Ciardullo---17-05-2018
A settanta anni dalla Nakba (catastrofe) del 15 maggio 1948 , giorno in cui migliaia di arabi furono respinti dallo Stato di Israele nei territori della striscia di Gaza, a nord dell'Egitto, i palestinesi, ancora una volta, hanno manifestato ricordando al mondo intero il loro esilio permanente e il gesto di sopraffazione di Israele contro un popolo, dando inizio al cosiddetto conflitto arabo-israeliano. Il territorio palestinese è povero di giacimenti minerari e di risorse acquifere spesso confiscate dal governo israeliano. In questa enclave, controllata da Hamas da molti anni , circa diecimila giovani, inneggiando alla guerra e al martirio, vengono spinti ai confini d'Israele ed esposti al fuoco e alla violenza dei cecchini israeliani: le fonti contano 63 giovani e adolescenti uccisi e circa 3000 feriti. Quasi una nuova Nakba.
Le sofferenze dei popoli sono effetti collaterali dei conflitti scatenati dai signori della guerra in tutte le latitudini, che preferiscono far cantare le armi piuttosto che sedersi al tavolo dei negoziati. Tali fatti non sono avvenuti, come lascia intendere Hamas, a causa del trasferimento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, ma per le politiche irresponsabili e ciniche del gruppo dirigente palestinese attuale , che da anni soffia sul disagio di un popolo stremato.
L'opposizione interna è inesistente: Al Fatah è implosa tra gli scandali della sua classe dirigente perdendo mordente tra la popolazione.
La posta in gioco è il riposizionamento strategico-politico tra gli stati di quell'area geografica tormentata che è il Medio Oriente. In questi giorni, la Turchia ha espulso ambasciatore e consoli israeliani, invitando gli altri stati dell'OIC (Organizzazione per la cooperazione islamica) a fare lo stesso. in vista della costruzione della sua leadership sui paesi musulmani, in opposizione a Israele, Arabia Saudita, Egitto e USA. La prossima sfida annunciata del leader turco, Erdogan sarà contro l'Europa, a Serajevo, geograficamente al centro dell'Europa ex -ottomana , esercitando un atteggiamento provocatorio contro Germania, Austria e Olanda, che hanno proibito il libero svolgersi dei comizi per le elezioni in Turchia. Inoltre , Ankara ha investito molto per la realizzazione di molte moschee in Macedonia e in Albania.
Al di là dell'attualità e della registrazione sommaria dei fatti recenti per l'acuirsi del conflitto, mi chiedo però: come è possibile che il processo di pace tra Israele e Palestina non abbia fatto alcun passo in avanti? In questi 70 anni di proteste e di inasprimento delle relazioni tra i due popoli , che cosa hanno realizzato le dirigenze palestinesi? L'antico progetto “due stati, due popoli” e la “road map” firmata ad Oslo nel 1993 tra Yasser Arafat , Yitzhak Rabin, alla presenza di Bill Clinton , e di Warren Christopher (USA) e Andrei Rozyres (Russia) in funzione di garanti , perché non sono proseguiti? E gli accordi di Camp David sempre tra Arafat, Rabin e Peres, premi Nobel per la pace nel 1994?
Tali accordi segnarono pur tra mille difficoltà i primi passaggi per la nascita dello Stato palestinese perchè tracciavano le basi per successivi interventi che potevano essere mediati anche dalle diplomazie internazionali e ,compatibilmente, con le capacità politiche delle parti, avrebbero potuto dare , in un tempo adeguato, una patria legittima ai palestinesi. Con confini normati tra i due stati e sanciti da accordi internazionali. A tale proposito bisognerebbe anche chiedersi perché la morte di Arafat presenta lati oscuri ? Forse prefigurava la strada del dialogo e della pace per la costruzione di due stati e le forze oltranziste erano contrarie? Allora, Hamas era in ascesa e si opponeva agli accordi, così come vennero rifiutati dai falchi israeliani. Il negoziato fu accettato solo da Al Fatah e dalla sinistra israeliana.
La responsabilità delle classi dirigenti palestinesi che si sono avvicendate in questi decenni è innegabile: quello che accade anche in questi giorni è solo una ricaduta delle politiche inadeguate e scellerate ai danni di un popolo. I responsabili politici non hanno mai voluto incamminarsi su sentieri diplomatici e di pace. Anche se le premesse erano state create. Retrocedere ancora sul solito terreno dello scontro, dopo tanto tempo e con le stesse dinamiche, è diventato anacronistico e miserabile ma sicuramente doloroso per i giovani palestinesi che vengono immolati per gli interessi delle grandi potenze di quell'area a cui si accoda la Palestina egemonizzata da Hamas.
Il rituale di continuare a sparare razzi da sotto gli edifici, ormai bunker, facendosi scudo della popolazione civile , sfruttare la rabbia di un popolo disperato, oppure organizzare manifestazioni , come in questa occasione, spingendo i giovani fin oltre il confine con Israele continuando ad esporli al fuoco dei cecchini, con l'ultima invenzione del lancio di palloncini che trasportano esplosivi, non rappresenta un buon viatico per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano. Ma non avverrà con l'attuale dirigenza.
Intanto una neonata di otto mesi è morta perché soffocata dai gas degli esplosivi.