Immigrazione: invasione o opportunità?
di Rosy Ciardullo---24-06-2018
Pensando ...al fenomeno immigratorio , mi rendo conto che ormai sono venute meno le illusioni di una società multietnica che possa essere costruita senza traumi e scollamenti da possibili soluzioni immaginate. Non si può più prescindere dal fatto che il fenomeno dell'immigrazione e i problemi connessi vadano affrontati con politiche europee coordinate e una gestione oculata delle risorse nazionali. Dopo la revisione dei bilanci degli Stati membri, la Commissione europea per gli anni che vanno dal 2017 al 2020 , ha assegnato per le politiche di coesione ed inclusione, più di 4 miliardi extra, agli stati europei più colpiti dalla crisi economica e più coinvolti con l'immigrazione, come Italia, Spagna e Grecia.
Trattasi di è una sfida aperta su come gestire l'ondata immigratoria , e per l'Italia che ha 7-8 mila km di coste da controllare non è una questione da poco.
A livello internazionale non si parla più di solo intervento umanitario e di riconoscimento della Carta dei diritti fondamentali dell'uomo ma di inserimento dei migranti nel mercato del lavoro .Il loro ingresso nelle nostre società è sentito da molti paesi europei più come un'opportunità che come un problema. Anche se tale scelta viene vissuta spesso in maniera non indolore e con non poche perplessità per le ampie contraddizioni che emergono tra culture differenti.
In Italia, i 600 mila migranti, per lo più giovani e uomini, che si vorrebbero respingere, potrebbero alla lunga trasformarsi in un investimento per il nostro paese, poichè scarseggiano da decenni lavoratori nativi disposti a prestare la loro opera in settori lavorativi che sono stati abbandonati da anni dagli italiani . In primis, agricoltura, turismo, sostegno e cura degli anziani, trasporto , servizi di manutenzione nelle case e nei giardini. In un piano programmatico d'accoglienza, per prima cosa, gli stranieri dovrebbero essere avviati alla frequentazione di corsi di lingua italiana e avviati a percorsi formativi celeri e di apprendistato (giardinieri, operai) Alcuni comuni italiani hanno già adottato alcune di queste soluzioni e i risultati sono stati soddisfacenti. La popolazione ha accolto tale tipo di operazione favorevolmente perché ha riscontrato l'utilità sociale di queste nuove presenze apprezzandone anche quei caratteri tipici che sono il portato umano e culturale di ogni comunità umana. Inoltre, offrire un lavoro vuol dire prevedere nuove tipologie di contratti di lavoro regolare che, oltre a creare un giro virtuoso di legalità, fanno affluire milioni di euro di contributi previdenziali, alle Casse dell'Inps. Ogni anno, già circa 5 miliardi di euro vengono versati dagli stranieri regolarizzati nel Bilancio Inps, un budget che viene utilizzato anche per il pagamento delle pensioni correnti. Inoltre, vista la scarsa natalità nel nostro paese, l'incasso contributivo potrebbe significare una possibilità per le pensioni di domani. Soluzioni di questo tipo, che allontanano i giovani migranti dalla strada ed evitano l'arruolamento nelle organizzazioni della malavita, potrebbero ridurre l'astio delle popolazioni ospitanti che li percepiscono solo come soggetti senza fissa dimora e pericolosi . Oppure parassiti (35 euro al giorno). Attualmente, molti di loro sono intrappolati in lavori a bassa produttività, mal pagati e senza diritti sindacali (caporalato in Puglia) finendo per ingrossare le fila dei lavoratori poco qualificati e di basso profilo.
Ovviamente chi manifesta insofferenza per la nostra civiltà e la nostra Carta costituzionale deve essere allontanato dal nostro paese per evitare che nascano società parallele e in contrapposizione ai valori dello stato di diritto.
Va ricordato che il dialogo è lo strumento che facilita il contatto tra culture diverse. Ma altrettanto va sottolineato che l'impegno per l'integrazione deve avvenire in entrambe le direzioni: la diversità va tutelata perché è una ricchezza, ma anche le leggi e i costumi dei paesi che offrono accoglienza devono essere rispettati.
Spesso , erroneamente, da qualche parte, si invoca il rispetto delle tradizioni e delle religioni altrui( il conflitto si acuisce soprattutto con la religione musulmana) ma, a mio avviso, ciò non può essere ammesso quando contrasta con la nostra Carta costituzionale e i diritti dell'uomo. Mi riferisco, in particolare, ai diritti femminili e ai costumi occidentali contestati dalle comunità immigrate che rivendicano il diritto a vivere secondo i loro costumi e i dettami del Corano ( a questo proposito gli insegnanti possono riferire del problema del velo che le ragazzine sono tenute e a portare e il dissidio all'interno delle famiglie su questo punto). Ma è un dibattito aperto anche nei paesi occidentali. Per affrontare tali problemi sarebbe auspicabile un orientamento comune tra i paesi europei sulle regole del vivere civile per giungere a norme condivise e uniformi in tutti i paesi della UE.
Continuare a silenziare i gravi problemi che emergono con la convivenza non significa esprimere rispetto per le tradizioni altrui ma scegliere “il quieto vivere” e ancora peggio “l' impotenza”. Tutti temi irrisolti che, ad oggi , insieme ad altri, stanno orientando in modo distorto l'opinione pubblica.

A tale proposito, vorrei ricordare un commento di Federico Rampini, corrispondente dagli USA, che è vissuto in Belgio con la famiglia a fine Anni '50 , che ricorda come fosse diverso l'atteggiamento delle famiglie italiane emigrate nel paese delle miniere e del grande desiderio che, in particolare i giovani avevano di integrarsi velocemente nel paese che ha permesso loro di emanciparsi dallo stato di povertà del paese natale. Ribadendo che gli italiani immigrati non pensarono mai di creare nei paesi d'accoglienza (gli immigrati italiani furono circa 20 milioni in tre ondate a partire dal 1865 fino agli Anni '70) comunità parallele (stato nello stato) dove far prevalere ed imporre diritti e costumi del paese natale.

Anche sulle richieste d'aiuto rivolte costantemente all'Europa mi trovo d'accordo solo in parte. Il nostro paese, come già detto, non ha ancora impostato un programma d'integrazione minimo a fronte di un numero di immigrati pari ad un esiguo 2,8% . Un numero irrisorio rispetto alla media degli altri paesi europei che si attesta tra 8% e 10%, e addirittura la Svezia al 23%. Va tenuto conto, ad esempio, che chiedere aiuto a chi ha già promosso politiche di integrazione ( Francia, Germania Austria Svezia) e che ha pagato un tributo di vittime di centinaia di persone (la Francia 350 morti dal 2015) non mi pare del tutto opportuno.

Aggiungo che concordo con la fermezza di Macron di questi giorni ed anche di Sanchez che , non volendo lasciare la scena all'istrionismo e alle sortite sconcertanti di Salvini, indirizzano all'Italia parole critiche sulla scelta anti-europeista ed anche euro-scettica, fulcro, a mio avviso, e obiettivo del governo italiano. Davanti alla prospettiva sovranista dichiarata di alcuni paesi europei , alla formazione di due fronti contrapposti, e con i temi che si dovranno affrontare a breve, c'è la necessità di contarsi, di fare chiarezza e di comprendere su chi fare affidamento per comporre le tessere che mancano al mosaico europeo (fisco, unione bancaria, politica estera, immigrazione). L'asse Madrid – Parigi -Berlino potrebbe includere anche Lisbona di Antonio Costa. Forse anche Atene. L'Italia è della partita o si è già smarcata al di là della propaganda elettorale della Lega che continua?