Nascondersi dietro un dito non è da leader
di Alberto Galanti---20-10-2018
Lunedì mattina sarà la mia quarta uscita nei gazebo dei radicali per volantinare a sostegno del Sì ai 'referendum sull'ATAC'. I Radicali Italiani e Radicali Roma sono i soli a informare gli ignari cittadini sul quando e sul perché si vota. Del resto erano soli anche nella raccolta delle firme, per prendere di petto un problema di esasperante malgoverno pluriennale e trasversale, come la gestione fallimentare del trasporto pubblico romano. Io non sono radicale ma non ci sono altri gazebo a cui avvicinarmi per partecipare a questa campagna referendaria, nata da 33 mila firme di cittadini come me.
E' dal 4 giugno che sappiamo che i due referendum si terranno l'11 novembre. Tuttavia il PD romano ha deciso ora di indire sull'argomento un referendum tra gli iscritti che si concluderà il 28 ottobre, undici giorni prima del voto.
La mia nota intolleranza politica mi impedisce di rapportarmi agli ottusi e pertanto mi limito a rivolgere, solo a persone normali e intellettualmente oneste, due semplici domande:
1) Perché il responsabile del PD romano si è ridotto a chiedere il parere agli iscritti a ridosso del voto?
2) Perché il governatore del Lazio non ne ha parlato a Piazza Grande?
Nicola Zingaretti non sembra ufficialmente interessato all'argomento che invece ha, e avrà comunque vada, un enorme impatto politico ed economico nella regione che governa. Non vorrei che sostituire l'io col noi significhi, per Zingaretti, rinunciare a fare il leader e diventare un semplice portavoce. In questo secondo caso, nella migliore tradizione della 'Ditta' che nessuno meglio di lui incarna visti alcuni soggetti a rimorchio, quando non c'è unanimità si tace e si tira avanti facendo finta di niente, accada quel che accada. Ma un PD ostaggio di correnti, unite solo dall'antirenzismo, è destinato a fare la tragicomica fine di LeU.