Il dono di Daria
di Alberto Galanti---17-12-2018
VECCHIO: Un ebreo con il requiem, brrr. Mi capisca, la prego, non mi preoccupo dell’ebreo, ma del Requiem. Un Requiem non lo capisce bene un protestante, figurarsi un ebreo. L’ebreo è scemo, spera in una vita terrena migliore. Aspetta una ricompensa o un castigo durante la vita. Se non riesce a ottenere giustizia, crede che l’avrà suo figlio, suo nipote o un pronipote. Ma sulla terra, tra i vivi. Il cattolico è ancora più scemo, spera di avere giustizia nell’altro mondo. Pensa che un giorno tutti risorgeranno e si presenteranno davanti al tribunale divino.
Come può un ebreo capire un Requiem, dato che non ha mai avuto paura dell’inferno, non ha mai pensato di presentarsi a un tribunale di Satana?

E Schächter capì cosa stava cercando in quei giorni. A suo modo il vecchio aveva ragione. Oggi ci si poteva immaginare le pene dell’inferno meglio di Dante. Un ebreo che si dibatteva tra le sgrinfie dei nazisti conosceva l’orrore dell’inferno tra i vivi. Doveva preparare un Requiem che confidasse nella giustizia della storia, una giustizia che si potesse realizzare nel mondo. Solo questo Requiem sarebbe stato compreso da un prigioniero del Lager. Ebreo, cristiano o ateo.


E’ questa l’idea, il nucleo centrale, attorno al quale si muove il dramma “Il dono di Hitler – Terezin 1941-45” scritto da Daria Veronese, poliedrica direttrice dell’Ar.Ma Teatro di Roma.

Nell’ottobre del 1943 il governo danese chiese alle autorità naziste notizie sulla sorte degli ebrei danesi catturati. La risposta fu un invito alla Croce Rossa per un sopraluogo al campo di concentramento di Terezin, in Cecoslovacchia. Partì subito una rapida ristrutturazione del campo che iniziò mandando ad Auschwitz 7.500 persone per… ridurre il “sovraffollamento”. Qualche mese dopo la Croce Rossa e i diplomatici danesi, visitando il campo trovarono aiuole fiorite, case dipinte, concerti in una sala musicale, spettacoli per bambini, squadre di prigionieri impegnati nei servizi ma anche in partite di football… tutto così tranquillizzante che non si ritenne necessario ispezionare altri campi. Abominevoli e geniali nella loro perfidia, le autorità hitleriane riuscirono a fare di Terezin un eccellente strumento di propaganda.

Presentata dalla Compagnia della Luna, in collaborazione con Teatron Accademia Professionisti Spettacolo, quest’opera, di cui l’autrice cura anche la regia, racconta lo sforzo eroico, ostinato al limite della follia, di alcuni artisti ebrei internati, per arrivare a mettere in scena il Requiem di Verdi.
Gli attori, bravissimi e tutti all’altezza dei ruoli di notevole impegno emotivo, si muovono intorno a un Massimo Mirani molto convincente nei panni del direttore d’orchestra Rafael Schächter. La sua lunga e ricca esperienza professionale gli consente di restituire al pubblico in sala tutta la dimensione umana, artistica, visionaria di questo artista cecoslovacco, organizzatore della vita culturale del campo di Terezin. Di Schächter si sa che morì nel 1945, durante la “marcia della morte” seguita all’evacuazione del campo di sterminio di Auschwitz, dove era stato trasferito insieme agli altri orchestrali, dopo l’esecuzione del Requiem di Verdi.

Concludo con una amara ammissione: a 70 anni, politicamente impegnato, amante da sempre della lettura e dello studio, ignoravo fino a ieri la storia del campo di concentramento di Terezin, la sua peculiare funzione nella propaganda nazista, la tragica “disumana” resistenza alla disperazione, di artisti come Rafael Schächter.
Aggiungo però anche una domanda che faccio innanzitutto a me stesso: le iniziative che ogni anno organizziamo sulla “Memoria” non sono diventate la riproposizione un po’ pigra della solita documentazione?
“Il dono di Hitler” di Daria Veronese, rappresentato nelle scuole, renderebbe sicuramente più viva, educativa e appassionante la prossima Giornata della Memoria. Questo clima politico, caratterizzato dal diffondersi di un individualismo egoista e intollerante, deve essere per gli educatori più sensibili una ragione in più per organizzarne la visione tra i ragazzi.