Sul PD che verrà
di Sergio Poli---19-03-2019
Il primo banco di prova strategico è costituito dalle elezioni europee. Concentriamoci quindi su questo tema con un approccio che vada in discontinuità con le chiacchiere correnti del residuale ‘politichese’ e del manierismo da talk-show.

Giovani come protagonisti e destinatari: contemperare sogno e dati di realtà. Indispensabile chiarir loro cosa ci “guadagnano” da una Europa rinnovata e coesa e, per contro, cosa “perderebbero”.
E’ appena il caso di ricordare – con esempi concreti – che il welfare, la più grande invenzione del secolo scorso, c’è solo in Europa?
Deve costituire inoltre un imperativo categorico la consapevolezza che mettersi fuori dall’Europa rende impossibile la sovranità nazionale.
Il gioco delle nazioni si gioca nel mondo… L’Europa deve costituirsi come argine culturale, politico, economico alle realtà politiche storiche e a quelle emergenti che hanno tutto l’interesse a fagocitarci.

Nel futuro parlamento europeo per avere la maggioranza bisognerà includere: PPE, PSE, Liberali e Verdi. Per questo bisogna delineare per il PD una chiara identità, che abbia poi il coraggio e la forza di guardare ad un PD allargato, pluralistico, aperto nelle liste a figure europeiste non di partito, oppure di una lista che affianchi il partito stesso.

Individuare tutte le forze politiche con cui condividere un comune progetto di governo dell’Europa sostanziato da:
Scelte concrete, chiare, partecipabili versus omelie o richiami generici, omnibus… tanto ipocrite quanto inefficaci.

Comunicazione efficace in grado di partecipare le scelte che connotano l’Identità del partito e nel contempo di smascherare la demagogia insultante che informa di sé tanta parte dell’attuale governo, che punta sulla disgregazione dell’ Europa essendo sodale delle estreme destre nazionalistiche.

Profilo dei candidati in ragione della storia personale-professionale, competenza, provata onestà e refrattari alla cooptazione, vizio endemico del nostro sistema.
Esclusione di chi ha già dato ampia prova di sé nel perseguire interessi personali o è corresponsabile dell’attuale crisi del partito o della “sinistra”, e di fatto complice, nell’aver favorito la vittoria elettorale dell’attuale classe dirigente e l’avanzata dei cosiddetti sovranisti.