Ci sono catastrofi e catastrofi
di Carlo Corridoni---15-04-2019
Apro il sito per commentare insieme l'incontro con Roberto Gualtieri, quando distolgo l'attenzione verso le immagini drammatiche di Notre Dame che brucia. E mi tornano alla mente altri ferma immagine di altre catastrofi recenti. Altre considerazioni sulla precarietà di tutto ciò che sembrerebbe incrollabile, se non altro perché inscritto nella storia; questa storia che, con apparente lentezza, costruiamo anche noi giorno per giorno.
Le Twin Towers, dunque, ma anche Assisi, la cattedrale di Norcia e Amatrice. E poi Palmira e Aleppo e Sanaa.
I pompieri di New York che corrono a morte sicura, invece i top gun che, coi loro joy steak, agiscono come nella realtà virtuale.
Ora non faccio differenza fra le cause delle distruzioni, naturali o belliche o colpose, perché non sarebbe utile a significare quello che voglio dire.
M'impressiona vedere adesso le capriate in fiamme: quando mai avrei pensato di vedere un diagramma cremoniano disegnato dal fuoco? Un'opera di tipo leonardesco che si rende visibile come con l'inchiostro simpatico, che si legge nei brevi istanti prima di ridursi in cenere! E in primo piano, apparentemente incorrotti, illuminati dal fuoco delle travi di legno, troneggiare esili ma intatti i ponteggi metallici Innocenti della ristrutturazione.
Ecco, vedo due tecnologie fronteggiarsi. Due patrimoni di civiltà, distanti otto-nove secoli, a confronto: due tipi di culture destinate a non incontrarsi mai più, salvo in queste tragiche funzioni di surroga. Di avvicendamento, direi.
Sento Notre Dame come fosse San Pietro, sono coinvolto anche emotivamente perché questo danno è come se ci colpisse tutti pure qui a Roma.
Però penso pure che, nonostante la catastrofe, questa sera tutti torneranno a dormire nei loro letti, nelle loro case, e che il dolore e i danni, fortunatamente, non colpiscono le funzioni vitali delle persone e delle famiglie. Solo l'immaginario.
Quanti abitanti di Tripoli - per parlare dei più recenti fra i disgraziati, dei condannati alla disgrazia - saranno in grado di capire o, anche, condividere questo dolore?
Quando, ai primi del novecento, crollò il campanile di San Marco a Venezia, la parola d'ordine che prevalse fu un orgoglioso 'Com'era dov'era'. Già qualcuno, di sicuro, domani tornerà a slogan del genere anche in questa occasione ma io non mi pronuncerei così.
Vorrei che l'Europa intera si pronunciasse e che mettesse in conto tutto. Ma proprio tutto.