Salvini e gli italiani 'brava gente'
di Stefano Minghetti---31-05-2019
Tempo fa, in una trasmissione televisiva, lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco affermò che tre, in particolare, sono le figure simboliche che popolano l’immaginario collettivo degli italiani: Mussolini, Padre Pio e Totò. Una battuta certo, una frase a effetto, che però, secondo me, si presta a illustrare alcuni caratteri peculiari del nostro popolo.
Ad esempio, non c’è dubbio che gli italiani, o almeno una parte di loro, siano attratti dall’uomo forte, si chiami Mussolini, Berlusconi o Salvini. Forse l’amore per i personaggi “forti” nasce storicamente come contraltare alla secolare frantumazione politica e alla patologica debolezza delle nostre istituzioni.
Anche la religiosità di una parte del popolo italiano si evidenzia soprattutto in alcune manifestazioni esteriori di devozione, legate a loro volta ad alcune figure “simbolo”: come non pensare a tutto il culto che si è sviluppato intorno al frate di Pietrelcina? O al clamore mediatico a suo tempo sollevato dalle apparizioni di Međugorje?

E’ indubbio che Salvini, in modo più o meno consapevole, faccia riferimento a questa simbologia. Senza voler entrare nella polemica sul pericolo di una deriva fascista (o pre-fascista o post-fascista), è difficile negare che certe frasi utilizzate dal “Capitano” provengano da quel bagaglio ideologico: “io tiro dritto”, “me ne frego” (dell’Europa) e via dicendo. Allo stesso modo, baciare il rosario in pubblico e invocare la protezione della Madonna, sono gesti diretti a far colpo sul sentimento religioso di una certa fascia di elettori.

Resta da dire di Totò: a me sembra che il suo personaggio si presti bene a simboleggiare l’italiano del popolo, che nonostante le sconfitte, le delusioni, le amarezze patite, conserva nel suo animo un fondo di bonarietà, di giovialità, di mitezza, di cordialità. In breve, tutto quello che ha contribuito ad alimentare il mito degli italiani “brava gente”. E forse proprio a questo mito potrebbe alludere Salvini quando si presenta agli elettori come “uno di loro”; uno della maggioranza silenziosa, non uno della minoranza egemone; una “brava persona” insomma, lontana dalle vituperate élite.

Eppure, come ci ha ricordato Angelo Del Boca in un suo libro, noi italiani tanto bravi non siamo sempre stati e, rileggendo la nostra storia, non possiamo dimenticare che, insieme a (pochi) momenti di cui andare legittimamente orgogliosi, vi sono anche molte brutte pagine. Temo che quelle che stiamo scrivendo in questo periodo siano più simili alle seconde che alla prime.