Sulla tolda del Titanic?
di Mara Gasbarrone---16-06-2019
Di clima non so quasi niente, come la maggior parte di noi. Salvo sapere che stiamo allegramente precipitando verso la sesta estinzione di massa, non del tutto inconsapevoli, ma certamente disorientati e impotenti. Unica consolazione, la nostra generazione non ci sarà più, saranno figli e nipoti a doversela vedere. Un concentrato di sentimenti negativi: sfiducia, passività, irresponsabilità. Se non si può fare niente, meglio ballare sulla tolda del Titanic, dopotutto è una scelta che ha una sua dignità. Ma invece «se vogliamo che le cose migliorino, dobbiamo pensare che possano migliorare”, ci ricorda Vittorio Foa.

Per questo, Lunedì 24, abbiamo voluto invitare un autorevole climatologo del Cnr, Antonello Pasini, proprio per uscire da questo circolo vizioso di disorientamento > impotenza > rassegnazione.

Che il riscaldamento globale esista, ormai tutti ne sono convinti, se si eccettua Donald Trump. Una consapevolezza, sia pure parziale, che non produce comportamenti virtuosi, né a livello politico, né a livello individuale.
Una paralisi /immobilismo, dovuta anche alla tenaglia fra un NO generalizzato a tutto, tipico di una parte dell'ambientalismo, e un repertorio di risposte micro, un rinvio a comportamenti individuali 'corretti' ma forse poco rilevanti, dal non mangiare carne al non prendere l'aereo. Tra il troppo grande (decarbonizziamo, sì, ma come?) e il troppo piccolo (chiudiamo l'acqua mentre ci laviamo i denti), si finisce per non fare nulla. Per non parlare poi delle battaglie epocali (e pare sbagliate) per togliere l’olio di palma dai biscotti o per (non) salvare gli ulivi pugliesi dalla xylella. Urge mettere in fila i problemi, cominciando da quelli più importanti e non rinviabili.

Permettetemi due briciole di “autocoscienza”. Primo: l’altro giorno ho scoperto, con qualche ritardo, che il meteo di Repubblica, per le temperature nelle città, riportava tre colonne: minime, massime e CO2, in arancione. Era la prima volta che lo vedevo. A Roma non ci va troppo male, molto meglio che a Milano, Torino e Bologna (la pianura padana è l’area più inquinata d’Europa), ma peggio che nelle città di mare, come Genova e Palermo. Chissà perché, Napoli invece va peggio di Roma, anche se – guidando a Napoli – qualche idea uno se la fa. Poi ho letto che anche il Guardian pubblica ogni giorno i dati globali della concentrazione di CO2. E’ come il sudoku, prima ce l’avevano solo i giornali giapponesi, adesso ce l’hanno tutti, anche se l’Alzheimer avanza comunque. Eppure, non potete immaginare come mi ha sollevato quella colonnina arancione: avere un dato preciso con cui confrontarmi è molto diverso dal subire un incubo.

Forse anche per questo, dopo ho intrapreso una mia personale battaglia contro i fuochi d’artificio parrocchiali. La mia parrocchia è Sant’Antonio, e il 13 giugno si è festeggiato in grande stile, con uno spettacolo pirotecnico eccezionale, che ho osservato perplessa dal terrazzino della cucina, verso le 23. Alla gattina era stata chiusa la finestra, perché arrivasse meno rumore possibile. Comunque, la mattina dopo, l’abbiamo ritrovata nell’angoletto più lontano dalla finestra, accucciata in modalità “Temporale”. Almeno su questo, non drammatizzerei: la resilienza felina è fuori discussione (le famose sette vite).

In ogni caso, ho regalato un like alla pagina facebook della mia parrocchia, e ho scritto questo commento: “Cari amici, ho visto anch'io dal terrazzino della mia cucina il magnifico spettacolo dei fuochi d'artificio. Non voglio rovinare la festa, ne capisco pienamente le ragioni (dare vita alla comunità), ma mi chiedo modestamente se ne abbiamo considerato l'impatto ambientale: quanta CO2 abbiamo prodotto? Non lo so, ma sospetto parecchia. E, come papa Francesco ci insegna, questo è un aspetto importante da considerare. Fino ad inventarci, per l'anno prossimo, un modo diverso di stare insieme. Che ne pensate?”. Pensavo di suggerirgli un ballo in piazza, ma dopo ho visto che ci avevano già pensato loro. In compenso, nessuno mi ha risposto.