La lingua batte dove il dente duole
di Carlo Corridoni---14-04-2020
Carissimi Iscritti a Parlare.
Per prima cosa riconosciamo tutti l'ottima riuscita del collegamento in teleconferenza di ieri col Prof. Cesare Pinelli, che ormai tradizionalmente ci accompagna nel nostro percorso di crescita.
In particolare vorrei ringraziare Lucia e Alberto per l'efficace sostegno, non solo tecnico e organizzativo, col quale ci assistono.
Nella videoconferenza, avremmo dovuto approfondire i collegamenti politici fra Stato e Regioni nella drammatica evenienza della pandemia, ma solo pochi degli intervenuti sono riusciti a restare nei limiti del tema.
Nell'Ordine del giorno, infatti, come un convitato di pietra, col suo silente fragore - come si usa dire - era annidato tutto il malessere attribuibile al 'nuovo', ma ormai ventennale, Titolo Quinto della Costituzione. Specialmente nelle questioni di competenza e concorrenza, di decentramento e di sussidiarietà solidaristica fra Istituzioni Territoriali.
E sappiamo bene quanto ancora ci pesi l'esito del referendum di appena tre anni fa, il cui esito venne largamente a dipendere da questioni accessorie, mentre i contenuti salienti - forse per prudenza - non erano mai stati abbastanza esposti, discussi pubblicamente e approfonditi.
Le elezioni del 1996 erano state condizionate da patti che assumono ormai una dimensione storica, ed è in tale prospettiva che si collocò questo Titolo Quinto. Particolarmente affetto da taluni degli equivoci di fondo che dovettero affliggerne le interpretazioni, fin dall'inizio.
Si convenne sul termine 'federalismo' perché esso sembrò costituire il luogo d'incontro delle opposte concezioni politiche dello Stato da parte dei contraenti di quelle tacite pattuizioni.
Da una parte i secessionisti della c.d. Padania, dall'altro una compagine politica nuova, che concepiva uno Stato da organizzare ancora nel compimento della Costituzione repubblicana.
Non si tenne conto che, storicamente, il federalismo aveva sempre riunito realtà politiche inizialmente separate e mai aveva separato realtà politiche unitariamente costituite. Sicché, a fronte di un decentramento amministrativo necessario, ancorché opportuno, talune realtà regionali interpretarono le nuove normative, senza alcun distinguo, in senso autonomistico, attribuendo ad esse sensi e significati che solo la Magistratura poteva in qualche modo dirimere.
E fu un contenzioso mai prima verificato a rivelare tutta l'equivocità della riforma costituzionale.
E la salute, la scuola, la formazione e istruzione professionale caddero per prime nel costume del contendere, contendere, contendere. Suscitando di converso l'atteggiamento duale del resistere, resistere, resistere.
Una perla del Titolo Quinto risplende fuori della sua conchiglia: l'Autonomia delle Istituzioni scolastiche costituzionalmente riconosciuta!
Come avrei potuto ieri, parlando al Professor Pinelli, non andare fuori tema? Non è solo uno il dente che mi fa male e quindi la lingua batteva e ribatteva per conto proprio. Mi perdonerete ...