La socialità precedente il Covid19
di Sergio Poli---17-04-2020
In questo mondo di ceppi (virali) e di social su argomenti “peer and poor”, teso alla massima contaminazione-diffusione all’interno dei non-luoghi dell’esistenza, si va configurando una severa emergenza che, arginata da una sana paura, può aiutarci a ridefinire nel segno dell’essenzialità e della responsabilità, i nostri stili di vita.
Consapevoli di questo scenario, vogliamo finalmente sollevare la testa dal ‘mefitico pasto’ e trovare compagni di strada per condividere un orizzonte di senso?
Sto interrogando me, noi.

La libertà tradita che non sa accettare né vincoli né solidarietà.
Er Caciara sale sull’autobus con le cuffiette in testa, la sua presenza è annunciata da un afrore misto di sudore e di birra, getta un occhio sugli altri, smanetta sul cellulare e quando gli cade inveisce contro il corpo più prossimo, guarda caso una donna. Alza fiero la testa, lo sguardo tradisce una gelida indifferenza verso una immigrata che cerca spazio per un passeggino a due posti. Il suo dna, debitore alla curva dello stadio, all’imperativo categorico “prima gli italiani”, gli fa proferire ad alta voce invettive e minacce alla ricerca di un consenso complice. Lo accolgono il silenzio e sguardi disorientati, assenti, di gente che ha affidato il proprio peso al trasporto e mal sopporta la contiguità al corpo di un altro.
La prossemica è affidata alle buche ed al movimento indotto dall’autobus piuttosto che a moti dell’anima, ad un umanissimo sorriso.
Forse c’è qualcuno che potrebbe rispondergli ma il non luogo e la breve distanza da percorrere, lo privano della voglia di provarci, anche se nella testa passano considerazioni feroci su elettroshock e lobotomia.

La consapevole complicità della vittima all’interno di una relazione asimmetrica.
Er Chioma fin da adolescente si è sentito hairstylist di grido; in lui vocazione e padronanza tecnica si alternano. Ti racconta che ha tagliato molte teste famose, alcune a tradimento, ti assicura che una nuova acconciatura ti può far sentire una stella e pone l’accento sull’espressione del tuo volto e sui tuoi lineamenti che ritiene, e lo dice solo con lo sguardo alzato fiero sulla tua testa, piuttosto insignificanti.
Si accomoda come per ascoltare le tue idee e le tue esigenze, per capire come realizzarle e ti spiega nel dettaglio come interverrà, arrivando là dove voleva farti arrivare. E si preoccupa che tu abbia ben compreso perché maturi in te la consapevolezza di partecipare alla realizzazione di un miracolo. Ormai le tue difese sono annientate e tu a quel punto lo assecondi in una sorta di agonia ed attesa di una rinascita nella bellezza, di cui lui solo si sente giudice e artefice.


La relazione negata tra il chiudere tutti fuori e l’essere chiuso fuori da tutti.
Nel bar entra Er Mandola che ha parcheggiato in doppia fila ed ora sta in un ambiente protetto e si sente libero, come ogni cliente che ha sempre ragione, di dare corso alle sue pulsioni più viscerali, e sproloquia mai contraddetto.
Anzi, non gli mancano sguardi muti e sorrisi di compiaciuta virile solidarietà.
Improvvisamente esce dall’abisso della spettacolarizzazione, ammutolisce, si isola; lo sguardo in basso chino sul display dice di un corpo ipnotizzato da flussi di informazioni volatili, casuali, inconsistenti, destinati ad alimentare un eterno presente incapace di conoscenza e men che meno di equilibrio.

L’antidoto
Cosa può costituire un antidoto avverso a questo clima, a questi profili appiattiti?
Voltiamo pagina e, consapevoli di vivere “in un’epoca in cui alla bulimia dei mezzi corrisponde l’atrofia dei fini”*, abbandoniamo l’osceno fai da te che ci assedia e costruiamo un futuro in cui l’innovazione digitale sia al servizio della creatività umana perché si realizzi un mondo algoritmico denso di significati umani.
Tuttavia l’assenza di criteri regolatori, improntati a trasparenza, affidabilità, imparzialità, attenzione ai bisogni materiali e immateriali degli uomini, sicurezza e rispetto della privacy degli utenti, responsabilità nel progettare e implementare anche soluzioni di AI, sarebbe la matrice di un sovranismo della sorveglianza che tradisce i diritti della persona, mentre all’interno della scena-oscena della politica italiana, accarezza il pelo e innesta domande che attivano risposte scontate, di umorale consenso.

* Paul Ricoeur