Risolviamo l'annosa 'questione piagnoni'
di Alberto Galanti---12-05-2021
La 'questione meridionale' e la 'questione femminile' sono due questioni reali, gravi e vitali. In molti casi si intersecano e si influenzano reciprocamente. Ne ho sempre parlato controvoglia per due motivi: il primo è che sono fenomeni così complessi da rendere impossibile una discussione mantenendo il livello di astrazione totalizzante del termine 'questione'. Il secondo motivo attiene più alla mia insofferenza verso i 'piagnoni' che intervengono pesantemente nei dibattiti.
Nel dibattito di lunedì 'Sarà finalmente un futuro women friendly?' ho preferito esercitarmi in un ascolto attivo ed esplorativo per cercare di imparare qualcosa di nuovo. Non vi ho trovato niente che non avessi sentito e saputo già. Da decenni. C'è anche chi ha detto che stiamo tornando indietro. Forse voleva dire che c'è chi vuole farci tornare indietro ma finora non c'è riuscito. Non voglio annoiare qualcuno con l'elenco delle leggi che hanno rappresentato un netto passo avanti della nostra civiltà: la legge di tutela della lavoratrice madre, l'abrogazione del delitto d'onore, del matrimonio riparatore, l'accesso a tutte le professioni e alle carriere (ultima quella militare del 1999), il divorzio, il nuovo diritto di famiglia, la legge che depenalizza e regola l'interruzione volontaria della gravidanza, lunga campagna vittoriosa della grande leader femminista Emma Bonino, le migliori tutele delle mamme e dei papà di bambini piccoli introdotte dal jobs act, la legge contro il femminicidio e lo stalking. Ricordo la battaglia vittoriosa della grande avvocata Tina Lagostena Bassi, nel 1978, a difesa di una ragazza violentata da 4 uomini e che nel processo volevano far passare da vittima a colpevole. La RAI lo riprese e lo mandò in onda facendo prendere coscenza a milioni di persone di quanto assurda fosse la mentalità comune. Le donne stuprate iniziarono a trovare il coraggio di denunciare. Abbiamo risolto? No che non abbiamo ancora risolto. Siamo più civili? Sì, siamo più civili.
Ho sempre pensato che in Italia e non solo, ci sia, potenzialmente, un unico vero grande soggetto rivoluzionario capace di portare a termine una lunga battaglia di emancipazione economica, politica e culturale. Sono le donne di tutte le categorie sociali che avrebbero tutte, e sottolineo tutte, vantaggi concreti dal cambiamento radicale della loro condizione. Quando tra loro escono delle vere leader, di quelle che hanno una visione e che indicano obbiettivi non divisivi, storicamente hanno dimostrato di mobilitarsi in massa e di conqustarli.
E gli uomini?
Il loro compito è riflettere sui vantaggi che ne ricaverebbero dal cambiamento invece di difendere quel potere miserabile a cui si aggrappano e che per fortuna lentamente gli si riduce. Come Partner, come Padri, come Educatori facciano la loro parte rispettando il principio sostanziale e formale della parità di genere. Se hanno potere diano spazio alle donne perché non esistono solo Kamala Harris e Angela Merkel. Nella nostra associazione Iscritti a parlare c'è qualcuna con la faccia così tosta da dire che le socie sono in seconda linea nelle decisioni o che qualcuna si è sentita discriminare o mancare di rispetto in quanto donna? Allora, come si può vedere, il problema in una comunità può anche non nascere. Certo abbiamo il presidente maschio. Ma è presidente di iscritti a parlare non perché è maschio ma perché è il più capace ed equilibrato tra noi tutti. E con questa leccata finale al capo, chiudo.