La stizza di Mario Draghi
di Rosy Ciardullo---14-02-2022
I partiti fino a qualche giorno fa si sono fatti in quattro perché il tandem Mattarella/Draghi rimanesse in piedi, perché volevano sentirsi garantiti loro per primi da eventuali crisi di governo, e poi perché almeno i fondamentali del Paese rimanessero saldi, poiché sanno benissimo che il fallimento di questioni di fondo come l’attuazione del PNRR e i conflitti legati al fabbisogno energetico sono a rischio débacle per il Paese. E non sarebbe di buon auspicio per ottenere intanto i primi 45 miliardi del entro giugno. Si dice che i 102 progetti siano pronti ma che per i decreti d’attuazione ci vuole ancora tempo perché su molti argomenti manca l’accordo tra i partiti.
Il Presidente Draghi, nel guado di profonde contraddizioni personali, stretto tra dovere, necessità di portare a compimento il lavoro e dopo le vicende delle elezioni al Quirinale che lo hanno esposto a giudizi poco lusinghieri, deve tessere e costruire gli accordi necessari per mandare avanti la situazione.
Qui parliamo di situazionismo senza trasformazioni in tutte le sue varianti, di immobilismo e di connessa irritazione per chi è chiamato ad impegnarsi per togliere le castagne dal fuoco e mantenere la direzione.
Draghi non ha bisogno di critiche, disapprovazioni o disaccordi. Al momento è l’unica risorsa, al netto naturalmente dello spirito di collaborazione di alcune forze politiche e delle critiche costruttive sempre benvenute, che sono alla base della democrazia.
Ad approvare il suo operato, ovviamente, non sono solo alcuni partiti (Pd, Leu, + Europa e pezzi della destra non compatta su questo fronte), oppure il Presidente Mattarella, ma soprattutto tutta l’Europa. Che non lesina complimenti e non manifesta riserve nei suoi confronti. E sulle sue capacità.
Vedendola, a distanza, in moviola, l’immagine impietosa che viene fuori dell’Italia è quella del pollaio, incontrollabile e riottoso. La cui incapacità politica è emersa in modo definitivo nell’attaccare i migliori, uomini e donne, del panorama politico.
Per Draghi inserirsi in un altro contesto politico (in Europa) o finanziario (nelle più grandi istituzioni finanziarie) potrebbe essere veramente semplice.
Dal piglio deciso, al limite dell’irritazione di questi giorni, si direbbe che voglia portare a termine il suo lavoro senza incontrare ostinazioni scellerate e incomprensibili, oppure interlocuzioni distruttive che minacciano l’esistenza della maggioranza e la stabilità del governo. Utili soltanto a ritardare la realizzazione dei progetti entro i tempi previsti.

Considerati i dati inconfutabili della nostra economia, dal debito pubblico che dovrebbe attestarsi quest’anno al 150%, che a fine 2021 era al 156% , con previsione smentita dai fatti del 160% a fine 2022, vista la galoppata inarrestabile dell’inflazione ormai al 3,5 % e i venti di guerra tra Ucraina e Russia che potrebbero comportare una crisi energetica simile a quella che capitò nei primi Anni ’70 costata molto in termini inflattivi, soltanto questi tre dati dovrebbero essere sufficienti a spegnere i bollori dei nostri contestatori nostrani, dentro e fuori il Parlamento. In base alle evidenze, sono necessari 38.5 miliardi per pagare il caro energia, gas ed energia elettrica, di cui sono reperibili, evitando lo scostamento di bilancio, solo la metà.

Costato però che, al di là della questione economico-finanziaria, la non auspicata guerra incombente sul confine ucraino, risveglia la mia coscienza di pacifista e mi riporta a quell’idea che nessuna guerra può prendere il posto del negoziato. Rimpiango l’azione diplomatica della ex cancelliera tedesca, Angela Merkel.
Lo scambio di dichiarazioni febbrili ed inquietanti tra Biden, Putin e Zeleski , insieme allo scorrere delle immagini poco rassicuranti di un imponente dispiegamento di uomini lungo i confini, mi fa ritornare in mente, con angoscia, l’offesa che ogni volta si arreca ai popoli coinvolti nelle ostilità che, come abbiamo capito, non sono effetti collaterali.