Indietro tutta
di Rosy Ciardullo---15-03-2022
Tra gli scenari prospettati dai vari opinionisti sui rapporti di forza tra le super potenze, dopo lo spostamento degli equilibri a causa della guerra in Ucraina, quella che mi convince di più è quella che vede Russia e Cina, in postura di reciproco appoggio e scambio, ma costrette a rivedere i loro piani geopolitici, dopo l’aggressione militare ad una nazione, l’Ucraina, che si sente parte dell’Europa e che noi sentiamo vicina. Per cultura, religione e fronte comune contro il nazismo.

L’Occidente, intercettato da russi e cinesi in atteggiamento decadente ai loro occhi, sempre più in connessione con le nuove tecnologie, aduso a comunicare attraverso internet, abituato a fruire della libertà di stampa, a sperimentare il tempo libero speso tra aperitivi serali, viaggi, vacanze e libertà personali, ha sedimentato invece uno standard di vita comodo e sufficiente a soddisfare bisogni immediati di aggregazione e di amicizia. Comportamenti che si sono rivelati irrinunciabili e che si sono strutturati nella mente e nella cultura proprio delle ultime generazioni. E a cui non intendono rinunciare neanche a costo della vita. Così come accade, in questo momento, a Kiev ma anche a Mosca.

L’attacco all’Occidente, ai suoi valori e ai suoi stili di vita, è stato un grave errore di valutazione che è risuonato per i combattenti e le genti come una chiamata alle armi! E non solo in Ucraina.

Il tema dell’egemonia negli stati di grandi dimensioni
Ho sempre pensato che la grande estensione territoriale di alcune potenze mondiali non favorisca l’istaurarsi della democrazia, i vasti spazi sono un elemento difficile da gestire per le forze che vogliono il cambiamento. Almeno in alcune aree del mondo. Nelle aree rurali e nelle zone periferiche, le popolazioni rimangono fuori dal dibattito politico e quindi non inclini a partecipare ai processi fondamentali a cui la storia chiama, per via di un effettivo senso d’esclusione da ogni aspetto della vita pubblica e di percezione lontana delle vicende internazionali. Ciò costituisce una grave problema sia al loro interno che per i paesi che insistono nelle loro zone d’influenza, ai loro confini.
La necessità dell’egemonia nei grandi stati decreta, inevitabilmente, che il governo in carica (ogni volta per quanti decenni?) per garantirsi il controllo e l’obbedienza finisca per erodere quote di diritti civili, libertà di pensiero e libertà politica ed economica. Scompaiono le libere elezioni o risentono di gravi brogli. E non esistono i partiti.
Prevalgono il giglio magico e gli yes men, cricche di personaggi strutturate nei decenni a cui è concesso fare affari in cambio di appoggio politico incondizionato.

I mercati però per produrre e per il profitto, sensibili ai cambiamenti e alle prospettive di sviluppo a breve e medio termine, chiedono la stabilità necessaria. In Russia quindi, per via della guerra, hanno reagito con una battuta d’arresto. I brand più importanti del lusso, abiti, auto e vini pregiati, hanno lasciato il territorio e bloccato gli investimenti.
Nel mondo finanziario, la borsa russa è chiusa da settimane e quelle asiatiche sono in caduta libera (Hong Kong e Shanghai).
Il rublo è già carta straccia. E lo yuan, rafforzatosi grazie alla globalizzazione e all’effetto nefasto delle delocalizzazioni che hanno comportato costi bassi di produzione e prezzi bassi dei prodotti di fabbricazione cinese, subirà un effetto al ribasso per l’assottigliarsi delle esportazioni cinesi per migliaia di miliardi tra Europa e America.
Lo spettro è una riedizione degli Anni ’50 e il ritorno alla Guerra Fredda. Gli effetti saranno la nascita di nuove restrizioni e il riaffacciarsi di un atteggiamento incline alla chiusura e alla diffidenza a livello mondiale.
La base per nuovi confini.




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