Sovranità alimentare: da concetto negletto a nuova parola d`ordine.
di Marina Izzo---24-10-2022
Sollecitata dalle domande che mi sono state rivolte da amici e amiche, scrivo poche righe per cercare di fare chiarezza rispetto allo sconcerto che si è venuto a creare in merito alla nuova denominazione assunta dal Ministero dell`Agricoltura, ora chiamato Ministero dell`Agricoltura e della sovranità alimentare. In particolare, il secondo sostantivo (sovranità) sembra aver gettato molti nel panico, a causa della sua assonanza con la parola “sovranismo . In realtà il termine “sovranità alimentare” ha quasi trent`anni di storia. Fu coniato per la prima volta nel 1996 dall`ONG Via Campesina, una rete di organizzazioni di produttori (contadini), donne e uomini, molti dei quali provenienti da comunità indigene. Questo concetto è nato per opporsi a quello di sistema alimentare agro industriale , promosso dalle grandi imprese multinazionali del settore. Le caratteristiche di quest`ultimo possono riassumersi in quanto segue: filiere agroalimentari lunghissime, uso massiccio di prodotti chimici e OGM, deposito di brevetti su piante e animali. In particolare quest`ultimo aspetto è stato spesso accusato di aver portato a una riduzione sensibile della biodiversità e a una progressiva standardizzazione del mercato alimentare, a danno in particolare dei piccoli agricoltori, soprattutto di quelli che cercano di preservare le coltivazioni tradizionali in diverse parti del mondo (da qui il forte impegno delle comunità indigene nel promuovere la nuova nozione di “sovranità alimentare”, il diritto dei popoli di un determinato territorio a scegliere la propria politica agricola e alimentare).
Negli ultimi dieci anni, diversi organismi internazionali (Nazioni Unite, Banca Mondiale) hanno fatto proprio il concetto di sovranità alimentare. In particolare, la FAO, che, nel 2014, anno mondiale dell`agricoltura familiare, ha promosso diversi studi dell`argomento. Pur non essendoci una chiara definizione del termine, ne possiamo però enucleare alcuni aspetti essenziali: l`idea che il cibo non debba essere considerato come una semplice “merce”, il riconoscimento del diritto alla sicurezza alimentare e nutrizionale, il rispetto per tutti i lavoratori della filiera agroalimentare, l`accorciamento delle filiere stesse, il rifiuto della privatizzazione delle risorse naturali, la valorizzazione delle culture locali, l`opposizione alle tecnologie che danneggiano i sistemi alimentari, l`aumento della resilienza dei territori e della comunità di fronte al cambiamento climatico, il rifiuto di tutti quei metodi di produzione ad alta intensità energetica, basati sulle monoculture, industrializzati e distruttivi per l`ecosistema.
Come si può notare, si tratta di un concetto complesso, fortemente correlato a quello di tutela dell`ambiente. Quindi, è improprio parlare di sovranità alimentare laddove non siano messe contestualmente in campo sia appropriate misure di contrasto al cambiamento climatico e all`inquinamento atmosferico, idrico e del suol che azioni volte a promuovere la biodiversità (è interessante, in tale senso, notare come il sito del ministero omologo francese dedichi una scheda specifica alla transizione agroecologica). Allo stesso tempo, la sovranità alimentare richiede un`attenzione particolare rispetto all’individuazione e allo sradicamento di qualsiasi forma di sfruttamento dei lavoratori nelle filiere agroalimentari. Per questa sua insita complessità, la promozione di questo concetto richiede un approccio integrato alle politiche agricole e alimentari, e,quindi, non settoriale (come, ad esempio, un ripensamento dei sistemi alimentari in chiave meramente autarchica).E, soprattutto, interroga sulle modalità con cui sono stati governati (o non governati) i processi di globalizzazione negli ultimi trent`anni.