L’insostenibile leggerezza degli italiani
di Stefano Minghetti---24-02-2023
Sul Foglio di qualche giorno fa (21 febbraio) é uscito un articolo di Adriano Sofri sulla visita del presidente americano Biden a Kiev e, più in generale, sulla guerra in Ucraina. A un certo punto dell’articolo, Sofri fa un’osservazione sugli italiani che mi ha molto colpito e fatto riflettere.
Scrive Sofri che, fra le motivazioni che rendono l’Ucraina invisa a una parte dell’Italia più consistente che in qualunque altro paese europeo, c’è la renitenza del nostro paese alla tragedia. L’Italia, continua l’autore, non sa e non vuole misurarsi con la tragedia anche quando le finisce dentro senza scampo.
Secondo alcuni questa “renitenza” non nasce dal fatto che nel corso della storia gli italiani non abbiano conosciuto grandi tragedie - anzi ne abbiamo avute fin troppe - ma dal fatto che gli avvenimenti tragici non hanno dato vita a una riflessione approfondita, a una memoria durevole nel tempo. Non è un caso che non abbiamo mai voluto fare davvero i conti con il nostro passato coloniale, con le leggi razziali, con il fascismo e le sue conseguenze, compresa la guerra civile. Secondo Sofri, la brava gente italiana ci scherza su. Rende affabile l’orrore. Addomestica i suoi mostri, li rende familiari.

Berlusconi da questo punto di vista è la quintessenza dell’italiano vero. “Ho riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto. Nel senso che per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce”. In qualsiasi paese democratico un leader politico che, in una situazione come l’attuale, avesse fatto una dichiarazione del genere sarebbe stato sommerso dal biasimo, oltre che dal ridicolo. In Italia, questo tipo di comportamento gli ha assicurato per anni milioni di voti.

Con questo non voglio dire che la vocazione tragica sia davvero una qualità, così come non è detto che sia solo un difetto la capacità di adattarsi agli eventi, di prediligere la leggerezza, la superficialità, gli aspetti piacevoli del vivere. Tuttavia, non possiamo lamentarci se l’immagine che proiettiamo all’esterno è un misto di simpatia e di inaffidabiltà, di leggerezza e di cinismo, di genialità e di corruzione. I soliti luoghi comuni, si dirà, ma la forza dei luoghi comuni è nel loro essere così profondamente radicati da essere insormontabili.

Per converso, è singolare che determinate figure di italiani particolarmente di rilievo, vengano descritte come se non lo fossero. Di Cavour è stato detto che sembrava “piuttosto un gentiluomo inglese di campagna che un fine e sottile italiano”. De Gasperi è stato definito “un austriaco prestato all’Italia”. Oggi, Mario Draghi viene considerato un “italiano atipico”. Insomma, gli stereotipi sugli italiani sono così forti, che per elogiarne uno è sufficiente dire che non sembra italiano. Una strana forma di complimento.

In conclusione, direi che la nostra immagine sembra oscillare tra due figure-simbolo antitetiche: da un lato, Silvio Berlusconi e, dall’altro, Mario Draghi. Questo ben sapendo in chi si riconosce la maggioranza degli italiani.