L'austerity di Meloni
di Rosy Ciardullo---07-05-2023
Tagli alla spesa pubblica (si attendono quelli sulla sanità) e meno tasse, niente riforma fiscale che garantirebbe un’equa redistribuzione, nessuna tassazione delle rendite immobiliari e finanziarie, neanche quella delle banche. Che hanno aumentato i tassi di interesse, adesso a 3,75% per aggredire l’inflazione, ma hanno lasciato bassi i tassi d’interesse sul denaro depositato dai cittadini negli istituti bancari.
In un momento i cui i due competitor mondiali, America e Cina, sono impegnati in vasti programmi di investimenti pubblici, per favorire la transizione green e il rinnovo infrastrutturale, il nostro Paese e l’Europa tutta, scelgono l’austerity in compagnia di altri governi di destra, dai frugali del Nord Europa a quelli di Visegrad. Si sa che le destre prediligono le misure monetariste e protezioniste in difesa dei produttori nazionali (e dei consensi) anziché gli investimenti. Troppo impegnativi e financo troppo empatici.
Non così in tutto il pianeta. Negli USA, ad esempio, c’è l’importante piano industriale di Biden che tende a riportare indietro le industrie manifatturiere (ritornano le grandi factories) trasferite con la globalizzazione, ad esempio, in Cina. Questo significa molti posti di lavoro in più e la moltiplicazione della produzione di microchips utili per la realizzazione di prodotti elettronici. In Cina invece, dopo il Covid, per favorire la transizione economica, sono stati programmati investimenti di base per ferrovie, porti, e reti di telecomunicazione, e perseguite importanti politiche nei mercati stranieri per conquistare ulteriori quote di mercato nei paesi europei, africani e asiatici.
In Italia, oltre a praticare l’austerity si attua la cancellazione delle misure dei governi precedenti (Conte e Draghi) che hanno prodotto qualche risultato, come il reddito di cittadinanza, e si mira a defiscalizzare il lavoro senza sapere con quale denaro, peggiorando in futuro le condizioni generali della gente nell’ambito di pensioni, sanità e istruzione. Al momento assistiamo all’incapacità di utilizzare i fondi europei per realizzare almeno alcuni dei progetti del PNRR, come gli asili nido, importanti per incoraggiare la natalità.

E’ vero che tra gli indicatori macroeconomici, si registra un miglioramento del PIL con un aumento dello 0,5% trimestrale e un 1,5% a fine anno (meglio di altri paesi dell’Eurozona), ma il debito è al 146% ( 2.772 miliardi) e il deficit/PIL all’8%.
Considerate le condizioni di precarietà, le fasce giovanili avrebbero meritato una maggiore attenzione ed interventi di altro tipo per favorire la nascita di nuovi nuclei familiari. Le politiche del lavoro che dovevano restituire dignità e un sentiment di benessere risultano invece deludenti, manifestando un certo sconcertante accanimento a voler vincolare i lavoratori con contratti a termine da 6 a 24 mesi, oppure a tempo indeterminato, aumentati numericamente, ma sempre retribuiti in modo povero e precario.
Per molti la fuga all’estero è d’obbligo.