Israele, Palestina e i “perfidi giudei”
di Stefano Minghetti---11-10-2023
In questi giorni assistiamo ai commenti dei soliti noti che, pur biasimando con le rituali frasi di circostanza l’attacco di Hamas, subito dopo si affrettano ad inveire contro Israele, che sarebbe l’unico vero colpevole.
Nessuno vuole negare che nel lunghissimo e tuttora irrisolto conflitto fra israeliani da un lato, e palestinesi e mondo islamico in generale dall’altro, Israele ha avuto ed ha grandi, anzi grandissime colpe. Che dovrebbero tuttavia essere combattute per quel che rappresentano: scelte errate, politiche ingiuste, soprusi. Non certo con il terrorismo.

Tuttavia, la mia sensazione è che dietro questo accanimento contro Israele alligni il mai spento armamentario antisemita, che in alcuni casi fa coppia con il consueto anti-americanismo di maniera.
Partendo da lontano, sarà qui sufficiente ricordare la “normalità” con cui la maggioranza degli italiani accettò le discriminazioni contro gli ebrei contenute nella “politica della razza”. A tale atteggiamento contribuirono molti elementi: in primis i secolari stereotipi inculcati dall’educazione cattolica per cui gli ebrei restavano il “popolo deicida”. Non a caso, le cerimonie per la settimana santa iniziavano con l’invocazione “Oremus et pro perfidis Judaeis” (preghiamo anche per i perfidi Giudei).
E’ vero che la Chiesa, da alcuni anni, ha eliminato tale locuzione dalla liturgia pasquale mentre gli ultimi pontefici hanno avviato un riavvicinamento tra cattolici ed ebrei (“nostri fratelli maggiori” secondo papa Giovanni Paolo II). Ma nel corpo del cattolicesimo resta ancora viva, magari sottotraccia, una qualche forma di giudeofobia. Come è stato detto da qualcuno: “D’altronde (gli ebrei) hanno scelto Barabba”. Come dire: beh, in fondo se la sono cercata!

Lo stesso sterminio nazista degli ebrei fu in parte rimosso e in parte diluito nella “normalità” della violenza del secolo scorso, quando non addirittura messo in discussione da pseudo-storici negazionisti.
Superfluo aggiungere che la negazione dell’esistenza della shoah ha avuto ampia cittadinanza nel mondo arabo. D’altronde, per chi avversava l’esistenza dello stato d’Israele e proclamava il dovere della sua distruzione negare la realtà dello sterminio era una grande opportunità, per dimostrare ancora una volta le menzogne messe in giro ad arte dagli ebrei. Come disse il presidente egiziano Nasser: “Nessuno prende sul serio la menzogna dei sei milioni di ebrei assassinati”.
In realtà, anche all’interno del mondo arabo, qualche voce minoritaria (peraltro inascoltata) ha messo in discussione questo atteggiamento. “Fin quando - si chiedeva ad esempio un intellettuale palestinese denunciando l’uso della letteratura antisemita nella lotta contro Israele - saremo noi stessi i nostri peggiori nemici? Quando cesseremo di portare pregiudizio alla nostra giusta causa privandola della sua dimensione umanista?”
E’ da notare che se l’antisemitismo in concreto non è servito a nulla nella lotta contro Israele, tuttavia ha svolto egregiamente la funzione di distogliere i popoli di molti paesi arabi dalla loro condizione reale e indirizzare la loro rabbia contro un nemico esterno.

E’ indubbio che certe esperienze storiche non si ripetono; tuttavia vi sono fenomeni di lunga durata che riemergono, seppure in forme e tempi diversi, come un fiume carsico. Il punto fondamentale da comprendere è: quanto è grande ancora oggi la presenza di atteggiamenti antisemiti, magari inconsci, nella cultura italiana e, più in generale, europea?