Palestina intrappolata da Hamas
di Rosy Ciardullo---16-10-2023
Israeliani e palestinesi, due popoli feriti. Uno dalla memoria della Shoah (6 milioni e mezzo di morti) e i palestinesi dalla catastrofe della Nakba (1947-1948), l’esodo forzato subito dalla popolazione araba nei territori. Ognuno teme di dover rivivere quel trauma che li ha accompagnati fin qui. La diffidenza e la paura hanno preso il sopravvento, non così la fiducia in possibili soluzioni di pace. La propaganda politica non facilita l’avvicinamento tra le due culture, anzi soffia contro il valore del riconoscimento dell’altro. Eppure sono passati circa 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale.
Israele fonda la sua origine nel 1948, la sua azione militare è contestualizzata nella sua storia. Si difende per ristabilire gli equilibri interni (e quelli euro-occidentali), tentando di non eccedere e tenendo conto del pressing internazionale che invita alla moderazione.
Hamas vuole cancellare Israele dalla cartina geografica come contemplato nel suo statuto originario del 1988. E’ un gruppo estremista sunnita, derivato dal movimento dei Fratelli musulmani, nato negli Anni ’20 in Egitto, strettamente legato all’osservanza dei principi dell’Islam. L’attacco al rave (7 ottobre) in Israele, non a caso, ha voluto colpire al cuore lo stile di vita libero e creativo dei molti giovani che partecipavano all’evento musicale. Anche il rapimento di tante giovani donne ha un significato specifico. La simbologia è importante. E’ stato un attacco spietato ai valori occidentali, al nostro modo di vivere che gode dei diritti e delle libertà personali, al sistema repubblicano europeo e americano.

L’amara verità
In questo periodo, è stata svelata dai media (stampa, video, esperti di geopolitica e inviati sul campo), la vera natura dal governo palestinese, guidato da Hamas (e Isis?) sollevando molti interrogativi. I palestinesi non sono tutti terroristi, è vero, ma le nuove generazioni sono nate e cresciute sotto l’egida culturale di Hamas.
E visto il permanere delle condizioni critiche dei palestinesi, la domanda più importante che si impone è: come Hamas ha impiegato i 600 milioni di euro che ogni anno sono stati trasferiti dall’Europa (e molti altri da Doha , Qatar) per migliorare la vita a Gaza?
La Palestina è una sottile striscia di terra di soli 365 km, se i soldi affluiti fossero stati impiegati per migliorare le condizioni della popolazione, la situazione sarebbe diversa.
Anche l’Autorità palestinese per acquisire credito dovrebbe cambiare dirigenza (c’è ancora l’ottuagenario Abu Mazen), perché, si dice, quella attuale è debole e corrotta, ma perché a qualcuno risulta che gli altri paesi africani sono governati da personalità oneste ed affidabili?
Non è un caso che l’Amministrazione americana abbia ripreso i contatti diplomatici con l’Autorità palestinese disponendo di ciò che esiste per mediare.

Per stare allo svelamento delle verità scomode, agli opportunismi e alla solidarietà degli stati dell’area, bisogna avere chiaro che l’Egitto non permette la fuga da Gaza dei palestinesi dal valico Sud di Rafah, così come anche Hamas , che non vuole perdere un popolo da comandare. L’Egitto ubbidisce ad Hamas, all’Iran, alla Russia e alla Cina. Gli sfollati, un milione, che cercano scampo dalle bombe, non sono accolti neanche dagli altri paesi intorno, ma non sono paesi fratelli tra loro in nome dell’Islam? C’è molto di strumentale e molte sono le domande. I palestinesi al momento sono di nuovo un popolo esule, a meno che gli Usa in accordo con la Lega Araba non trovino qualche soluzione.

Tornando ad Hamas, la sua strategia, molto povera di umanità, si riduce per affermare il suo disegno, ad indurre l’Arabia Saudita ad uscire dalle trattative per un accordo con Israele sotto l’egida degli USA, e a frenare gli accordi di Abramo del 2020 facendo pressione su Emirati Arabi, Bahrein, Marocco e Usa.
A chi giova quindi il massacro dei palestinesi se non ad Hamas che vuole unire i paesi islamici sotto un’unica bandiera ed ergersi a vessillo dell’Islam?
Il venerdì della rabbia, 13 ottobre, che mira a raccogliere proseliti e che ha infiammato la protesta, nelle zone limitrofe, in Cisgiordania, Libano e Siria, e in molte piazze europee, va in questa direzione. Ma non ha avuto il successo sperato, neanche tra i palestinesi.
Si riaccende quindi lo scontro arabo-occidentale.
E’ preoccupante come, in Europa le sirene della propaganda islamista abbiano attecchito ampiamente. Un fenomeno che sta causando molte vittime (Francia) . Dilaga e mantiene alto il testimone, il protagonismo politico delle seconde e terze generazioni che, armate di slogan e chador, immiserite dall’antisemitismo, vogliono vivere all’interno della cultura occidentale, minoritaria sul globo (solo un miliardo di persone), liberale e garantista, appoggiando nel contempo l’estremismo islamico.

Per evitare la catastrofe, si spera nell’azione congiunta delle diplomazie (Usa, Turchia ed Emirati) che contano, già in cammino, che dovranno pensare possibilmente ad una amministrazione o uno stato controllato dall’ONU, approvato dalle intenzionalità e responsabilità degli stati che hanno voce imprescindibile a livello geopolitico nel mondo, non solo quelli dell’area. Non contando troppo su Russia e Cina che, al momento, sono ampiamente schierate.