265. Prima di tutto le scuse. E poi ancora scuse.
di Carlo Corridoni---12-12-2023
L'inaudita violenza contro Giulia Cecchettin deve avermi colpito oltre i limiti e danneggiato più di quanto potessi consciamente percepire.
Sicchè, ieri pomeriggio, nel corso della videoconferenza, mi sono sentito trascinato nel dibattito sulla violenza ben prima che esso iniziasse, anzi prima ancora dei convenevoli di saluto. E mi sono messo nelle condizioni di dovermi scusare fin da ora.
Entrati nella conferenza, tutti guardano nella galleria per vedere chi c'è e chi non c'è: e io pure ho cercato di farlo con la discrezione che cerco sempre di mantenere ... quando entro, sia pure virtualmente, in casa d'altri.
A quel punto mi colpisce l'immagine di un quadro che rappresenta una giovane donna, nuda, con un pugnale in mano, nell'atto che precede il suicidio ... Ci sono molti degli elementi che evocano la violenza sulle donne, e in questo caso la più perversa: la Donna che salva l'onore solo nella morte cruenta per la sua stessa mano!
E me ne esco come il bambino del Re nudo: ''Guardate, guardate! Non è, questa, un'altra donna sottoposta a morte violenta? una che addirittura si suicida? Non parliamo, per caso, questa sera, anche della violenza che abbiamo sotto gli occhi?''
Provvidenziale, come sempre, Mara mi spiega che si tratta di Lucrezia che si toglie la vita dopo lo stupro ... ma il danno grave l'ho già fatto io: con un indebito (ma implicito) commento sull'opera d'Arte che un'associata esibisce nel privato della sua abitazione.
Così, prima di tutto, mi scuso per l'indiscrezione: anche perché quel quadro è presto scomparso dalla mia vista.
Alle mie spalle, invece, voi potreste osservare come troneggi una gigantesca riproduzione di Guernica, un quadro che mi segue da quasi sessant'anni ma che guardo e considero sempre come se lo vedessi per la prima volta: non mi sentirei certo offeso da un vostro commento su di esso (quale che fosse), anzi sarei onorato dalla vostra attenzione su uno dei miei principali attrattori.
Ed eccomi giunto alle seconde scuse:
Negli interventi e nel dibattito ho ascoltato punti di vista di sicuro interesse ma lontani dall'incisività che impone la gravità della situazione. Ho avvertito, nel complesso, insieme alla disponibilità a parlare concessivamente della violenza, solo una tendenza ad attribuire ad altri la responsabilità di agire in prima persona.
L'ennesima delega alla Scuola, all'Istituzione che avrebbe la funzione d'Ufficio di Educare i cittadini. In prima sponda i giovani e, di rimbalzo, per i libri, istruire anche i genitori e altri familiari. ... i familiari! Ve li raccomando.
Come se non fossimo coinvolti tutti dalla violenza che straripa da tutti i settori del Corpo sociale, coinvolgendo soprattutto le donne di ogni età e condizione, e nei risvolti affettivi delle nostre stesse esistenze!
Ecco: ho avuto l'impressione che noi, sia pure sinceramente addolorati, ma in qualche misura come sorpresi da queste esplosioni di ferocia, ci sentissimo ormai al sicuro dagli eccessi delle passioni e dalla mancanza del loro controllo. Proprio l'esatto contrario del disperato messaggio propagato in queste settimane dal papà della povera Giulia.
Ho trovato costruttiva l'ipotesi di studio adombrata da Piero Fortini, di un approccio storico al problema, che sembrerebbe porsi chiaramente solo nei più recenti sviluppi del nostro Sistema sociale, e che spero venga praticato in successivi approfondimenti. Che attendo e mi aspetto moolto sorprendenti!
Da parte mia, se fossi intervenuto con l'intenzione che avevo già anticipato nel contributo scritto, avrei ripetuto come il discorso da approfondire debba necessariamente concernere i presupposti del sentimento amoroso, nel quale già allignano le radici della violenza e della sopraffazione.
Così come Mara non direbbe mai più ''Auguri e figli Maschi'', pensate che io non potrei nemmeno più cantare, per Maria Antonietta, l'aria dei Beatles ''I need You! I need You! Aai need Yoou!!!''
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