Progetto 'We are Europe' - Al Liceo Socrate con Dario Fabbri
di Giuliana Mori---27-02-2024
Piuttosto dissacrante e alquanto provocatorio l'incontro che Dario Fabbri ha tenuto il 21 febbraio presso il Liceo Socrate di Roma, alla presenza di due classi di studenti del quinto anno, all'interno del progetto di Orientamento dal titolo 'We are Europe'.
Questo incontro segue il primo, quello tenuto da Mattia Feltri sul significato della guerra, ed in continuità con la tematica della memoria storica, che unisce attraverso il patrimonio culturale comune i 27 paesi europei.
Anche in questo incontro si è parlato di guerra, ma in modo diverso, in termini di attualità e di dinamiche geopolitiche che coinvolgono gli Stati protagonisti dei due conflitti che colpiscono l'Europa ed il Mediterraneo.
Da subito si è capito che l'intervento di Dario Fabbri sarebbe stato contro ogni forma di conformismo e di acriticità e avrebbe messo in discussione le nostre conoscenze, i nostri riferimenti, quelle interpretazioni che elaboriamo attraverso i mezzi di informazione e gli approfondimenti scaturiti da letture o web.
Ci ha subito marcato come i presuntuosi uomini e donne dell'Occidente, poco più di 500 milioni di persone, rispetto agli altri 7,5 miliardi viventi nel resto del mondo, che pretendono che il loro modo di pensare sia universale, che la carta dei diritti umani, stilata dalle Nazioni unite nel 1948, abbia valore a livello globale. Invece non è così, perché esiste una gran parte di mondo che non conosce la parola diritti umani, che non vive di economia come invece il mondo occidentale, che vive in ben altre condizioni igieniche e sanitarie sotto regimi dittatoriali e che si contrappone al modello occidentale.
Uomini e donne dell'Occidente che non viaggiano, non conoscono il mondo, parlano male un po' di inglese che storicamente non appartiene più a nessuna popolazione, fanno del pessimo turismo che li fa tornare a casa senza ricchezza culturale.
Dario Fabbri ci introduce alla geopolitica, questa nuova disciplina che unisce politica e territorio, storia ed antropologia, per poi proporci una riflessione sul termine 'Geopolitica umana', dal titolo del suo ultimo libro, ovvero guardare il mondo dalla parte delle popolazioni e delle loro etnie originarie e non dalla parte dei decisori, di coloro che hanno tracciato confini che non corrispondono ad alcuna reale nazione, come in Afganistan, in un mondo globalizzato, che vive di scambi e di alleanze sempre più velocemente mutevoli nel tempo e nello spazio.
Il relatore prende spunto dal conflitto in Ucraina per mettere in evidenza come il vero problema della modernità sia il consenso, come costruirlo e come mantenerlo, così come è riuscito a Putin, e non a Navalny. Putin, nonostante sia disprezzato dalla sua popolazione, che lo vota in modo finto, continua a gestire il potere in modo indiscusso per la sua tenace battaglia contro l'Occidente.
Nella modernità, sostiene il relatore, le elezioni rappresentano uno strumento di democrazia, ammesso però che una vasta parte della popolazione vada a votare, che le elezioni siano vere e che le persone votino in modo razionale. Anche questo non sempre è vero, per cui il risultato elettorale non sempre corrisponde a quello che le persone vogliono.
In Medio Oriente lo scatenarsi del '7 ottobre' è dovuto, sempre secondo quanto dichiarato da Dario Fabbri, agli accordi di Abramo, voluti dagli Stati Uniti, che dovevano normalizzare le relazioni diplomatiche tra Israele ed Arabia Saudita, ultimo paese a firmare dopo gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein. A questo accordo si è contrapposto Hamas.
Nello scacchiere delle alleanze Iran, paese sciita, e Hamas, acronimo di un'organizzazione politica palestinese islamista sunnita e fondamentalista, si alleano contro Israele, che provoca a sua volta una reazione sproporzionata.
Alla domanda degli studenti 'Ma allora il rischio è quello di dover tornare ai nazionalismi senza alcuna possibilità di costruire un piano internazionale di pace' la risposta del relatore non si fa attendere e sostiene che ad un piano internazionale deve corrispondere una cittadinanza internazionale, che al momento di fatto non esiste, e allora ci si deve accontentare di accettare il mondo così come è.