Al Liceo Tacito: voglia di parlare
di Carlo Mari---11-04-2024
Gli incontri sull’Europa con le scuole e nelle scuole procedono, fra variabili climatiche e costanti che ricorrono.
In calendario il 5 aprile incontro/dibattito presso il Liceo Tacito.
Mattinata solare e bel clima anche dentro la sala in cui incontriamo studentesse e studenti dell’ultimo anno. Una quarantina di giovani, con tre docenti e, al tavolo dei relatori, come sempre, due di noi come associazione organizzatrice, un'esponente della Rappresentanza italiana della Commissione Europea (capo ufficio stampa Dott.ssa Alessandra Marino), ed una giornalista, Emilia Patta del “sole24ore”.

Alludevo al clima, che appare subito solare anche nell’ingresso dei giovani in sala: sorridenti, disponibili e…. alti !! Fra ragazze e ragazzi l’altezza più ridotta si aggira sul metro e 80 !!!!!!! Si vede che al Tacito le iscrizioni le accettano solo da una certa altezza in su! Insomma una bella equipe giovanile, femminile e maschile. E via col dibattito. La relatrice della Commissione europea ed una sua collaboratrice toccano il tasto giusto: quello del coinvolgimento diretto ed empatico. Un video interessante ed interattivo chiede ai giovani in sala di collegarsi col proprio cellulare ad una applicazione che consente di rispondere a domande sulla Unione Europea. E le risposte in termini numerici appaiono sullo schermo in tempo reale. E pensare che i nostalgici del bel tempo antico ancora parlano dei cellulari che rinchiudono gli individui in un’isola solitaria. Altro che, lì i cellulari si fanno strumento empatico, comunicativo, nonché concretamente interessante ed utile. Dalle risposte emerge un grado di conoscenza della Unione Europea abbastanza adeguato. Qualche scivolata nelle risposte è largamente comprensibile; fra l’altro anche noi - cosiddetti adulti - ci incartiamo in qualche risposta tutt’altro che azzeccata. Quanti sono gli organi della Unione? Sono sette, ma giovani e adulti pensavamo a 5 dimenticando Banca Centrale Europea e Corte dei conti… e scusate se è poco. E poi la consueta, sottile, complicatissima differenza fra Consiglio d’Europa e Consiglio della Unione Europea, su cui i giovani in sala sbandano fra perplessità e commenti vari.
Spiega la Dott.ssa Marino, il Consiglio d’Europa è il gruppo di capi di stato o del governo degli Stati membri dell'UE. Si riunisce quattro volte l'anno per definire l'agenda politica dell'Unione e dare impulso all'integrazione.
Il Consiglio dell'Unione europea è l'istituzione che rappresenta i governi degli Stati membri ed è composto da un ministro competente per Stato membro a seconda della materia trattata. La presidenza è a turno fra i vari paesi membri dell’Unione.

Direte: ok, lo sapevamo! E noi adulti in sala lo sapevamo. Ma la considerazione è un’altra. Non avranno forse ragione i commenti perplessi degli studenti, che notavano una ridondanza istituzionale e politica, un pochino cervellotica ed anche farraginosa? Per carità, tutto storicamente ha trovato e trova una sua ragion d’essere; però non sarà forse arrivato il momento di snellire l’impianto istituzionale dell’Unione? Che fra sovrabbondanza di istituzioni, di regolamenti, di competenze articolate e disarticolate, di poteri di veto ecc. fatica a rendere incisivo, trasparente, ed opportunamente rapido, il processo politico decisionale dell’Unione.
Forse un po’ di giovani dentro il nuovo Parlamento in rinnovo a giugno potrebbe essere utile in tal senso. Comunque, tornando all’incontro al liceo Tacito, lo sviluppo delle relazioni seguite al momento interattivo tiene vivo il clima comunicativo creato in apertura. Gli argomenti più tecnico-istituzionali della relatrice dell’Ufficio europeo, e quelli più direttamente politici della giornalista (immigrazione, diritti dei cittadini, integrazione maggiore o no fra i paesi membri, allargamento dell’Unione, la guerra, il ruolo della UE, gli interessi italiani legati all’Europa, il profilo di una cultura europea, il rimpianto per la brexit ecc.) mantengono alto l’interesse che sembra preludere a numerose domande. Peraltro un ulteriore momento interattivo fa emergere le priorità che, secondo i ragazzi in sala, il nuovo Parlamento europeo dovrebbe porsi e affrontare: immigrazione, ambiente, sicurezza (immagino termine comprensivo anche della questione “guerra”).

E le domande arrivano, numerose, a differenza di altri incontri in cui non erano emerse. Dunque variabili climatiche, dicevamo all’inizio, in direzione di una voglia di parlare, di scambio. E direi anche una voglia palese di andare a votare, di esercitare subito per la prima volta, da neodiciottenni, questo diritto democratico.
E le costanti, domanderete voi, cui si accennava all’inizio? E le costanti emergono nel taglio ideologico/valoriale che caratterizza le domande. Pacifismo assoluto e senza mediazioni, inteso come richiesta di pace rivolta a chi è aggredito e non all’aggressore (ogni riferimento alla guerra in Ucraina non è casuale). Ed emerge anche senza mezzi termini l’idea del disarmo. La pace si cerca rinunciando alle armi. Bellissimo, ma disarmo di chi? Dell’aggredito, ovviamente, e di chi lo aiuta. E così compare anche la domanda esplicita sulla Nato che ha abbaiato ai confini della Russia e Putin poverino a un certo punto – comprensibilmente – ha dovuto perdere la calma. Più sfumata la posizione sull’altra tragica guerra in Medio Oriente; sfumata nel senso che non emergono pulsioni antisraeliane forti, ma la priorità, politica, militare, umana è assolutamente il popolo palestinese. Free Palestine senza se e senza ma. E poi la immigrazione, figlia di un disastro nella gestione plurisecolare dei paesi e dei popoli vittime di colonialismo. E la sicurezza, sempre più a rischio non solo per disuguaglianze e disagio sociale, ma per il riemergere della guerra sul suolo europeo: dimensione che ormai sembrava essere stata espulsa dalle dinamiche del nostro continente. E allora? Pace, e no alle armi, ad ogni costo. E qui il dibattito si è anche – civilmente – acceso, fra i giovani che intervenivano e i relatori che replicavano, accalorandosi anche. Un ottimo segnale, perché dava il senso di un coinvolgimento totale, di studenti e di relatori, non interlocutori per caso, ma davvero calati intellettualmente ed emotivamente nei problemi di cui discutevano.
Insomma il clima fra studentesse e studenti era quello che conosciamo dalla narrazione dei media rispetto all’universo giovanile, di scuole e università. E in verità non deve nemmeno sorprendere. In fondo la pulsione al pacifismo, ed allo stesso disarmo, ha caratterizzato le generazioni dei giovani…. vogliamo dire da sempre? Pare che già Pericle abbia dovuto affrontare il problema!!!! Ma scherzi a parte, i giovani è anche giusto, e bene, che facciano i giovani: tutto slancio ideale, anche se ingenuamente generoso. Mi sembra del resto ben più preoccupante nella storia – e nel presente - il caso di giovani generazioni irregimentate dal potere al grido di guerra, di persecuzione, di odio verso altri popoli. E tuttavia il problema politico e geopolitico rimane, in tutta la sua gravità. Come affrontare in modo equo e democratico - e dalla tenuta solida - il rapporto fra aggressore e aggredito, fra stati illiberali, autoritari o apertamente dittatoriali, e stati democratici: con tutti i loro difetti e problemi, ma democratici. Il vero, solo perno attorno a cui far ruotare una speranza di pace accompagnata da stabilità, libertà e giustizia fra i popoli.

E qui probabilmente risiede – ed è emerso - il punto unificante anche nella nostra piccola agorà al liceo Tacito in una solare mattinata d’aprile: una Europa unita, capace di dare un forte contributo alla ricerca di un percorso che coniughi la pace con la giustizia nei rapporti fra i popoli. Quell’Europa che storicamente è stata l’una e l’altra cosa: e che dopo essere stata fonte di tragiche guerre, ha saputo essere sede di una lunga epoca di pace e di fiducia fra popoli.
Per questo il rammarico che aleggiava in sala al pensiero di un grande paese come la Gran Bretagna fuori dalla UE mi è sembrato un bel segnale. Sì, lo so che nei giorni successivi in Gran Bretagna hanno pure peggiorato le norme che limitano la possibilità di giovani europei di andare a vivere, lavorare e studiare in Inghilterra.
E sì, lo so, che segnali di compromesso continuano a non intravedersi né nell’est europeo nè nel Medio Oriente. E però bisogna comunque cercar di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. E iscriversi a parlare: e ad esserci. Il solo modo per guardare al futuro; e con un giusto mix di esperienza da adulti e di slancio da giovani.