La scuola sta scrivendo una nuova enciclopedia “del e per” l'apprendimento
di Vittoria Gallina---30-03-2020
Lo stato italiano garantisce a tutti i cittadini il diritto all' istruzione, si tratta di un diritto costituzionale che si esercita entro e attraverso il sistema scolastico pubblico. Sembra utile richiamare questo principio in “questo” particolare momento, di fronte alla situazione inedita di emergenza, prodotta da una pandemia aggressiva e persistente, cui il nostro sistema politico risponde attraverso la proposizione e riproposizione di strumenti legislativi diversi, volti a contenere i rischi di diffusione ulteriore della malattia e di consentire ai cittadini di fruire dei servizi essenziali. Non entrando nel merito della scelta dello strumento della decretazione “a raffica”, del rapporto tra governo e parlamento in casi di emergenza e delle conseguenze di tutto questo sull'assetto giuridico ed economico del nostro paese, ci si limita qui ad osservare le normative riferite alla scuola: sicuramente la scuola è un luogo di costante “assembramento” sociale, quindi sicuramente fonte di contagio e di moltiplicazione della epidemia…. quindi diviene oggetto dei provvedimenti di chiusura, per quanto attiene alla presenza contemporanea di molti soggetti, potenziali moltiplicatori del contagio; contemporaneamente non può non apparire evidente che la scuola è un “servizio , termine inadeguato, che tuttavia permette di esprimere la assoluta necessità di mantenere la funzione dell’ istruzione, proprio per non ledere un fondamentale diritto che la costituzione sancisce e difende. Da qui sorge il primo problema: non di chiusura delle scuole , si è voluto intendere fin dal primo provvedimento, ma di sospensione dell'attività didattica in presenza, fino al 3 aprile e... poi fino a... si vedrà. Cerco di mettere in fila alcune delle situazioni che si sono subito evidenziate:
*la scuola non è un corpo separato nelle nostre società ed esprime nella specificità della sua funzione un aspetto essenziale delle dimensioni relazionali di queste, dalle relazioni parentali, alle stratificazioni socio-economiche, all'accesso a beni materiali e immateriali che il mondo attuale offre o nega ai cittadini;
*nel nostro paese le varie modalità attraverso le quali si sono consolidate disparità e povertà sociali si sono accompagnate, negli anni, a un farraginoso sovrapporsi di disposizioni burocratiche, di segmentazione di responsabilità e competenze, di moltiplicazione di sedi decisionali e di iniziative “riformatrici”, quasi mai portate a conclusione, che non permettono oggi di pensare la scuola come un corpo sufficientemente omogeneo, articolato e strutturato in modo da rispondere, in termini di prospettive perequative, ad esigenze socio culturali profondamente diverse;
*la necessità di non stravolgere la professionalità di chi nella scuola opera, forzando, senza motivo, quei paletti, peraltro spesso ormai obsoleti, che giustamente la contrattazione prevede per i dipendenti pubblici, e di non perdere il valore dell’autonomia, che dovrebbe garantire e sostenere impegno e capacità innovative in risposta alle esigenze di bambini/e e ragazzi/e;
*la necessità di trovare giuste risposte al protagonismo dei giovani ed alla volontà di partecipazione delle famiglie, oggi troppo spesso mortificata in defaticanti diatribe giudiziarie, in sentenze di Tar ecc. che rischiano di ingessare ancora di più in rigidi rituali gli aspetti più significativi dell’attività scolastica.
Non deve quindi stupire se nell'emergenza e di fronte al dilemma di chiudere gli edifici, ma non sospendere le funzioni di insegnamento/ apprendimento, si evidenzino tutte le questioni prodotte non dalla risposta alla pandemia, ma dalla crisi, in cui la scuola italiana si dibatte ormai da tempo. Stupiscono invece due cose. Una molto positiva: al di là del mugugno e di alcune sorprendenti prese di posizione di soggetti che dovrebbero essere responsabili e competenti, la scuola ha trovato parole, atteggiamenti e proposte che danno il senso della vitalità di un soggetto socialmente creativo, capace di parlare e proporre opportunità di studio e di arricchimento culturale. L'altra veramente deludente: la risposta ripetitiva, miope e “paurosa“, di fronte ad eventuali contestazioni giuridiche, dell’apparato ministeriale. Per quanto riguarda la sorpresa “positiva”, ma non inattesa per chi cerca di osservare e documentare la scuola “reale”, basta ricordare la tempestività con cui dirigenti scolastici, esperti dei sistemi formativi, singoli docenti o gruppi di docenti, si sono rivolti a docenti e studenti per condividere riflessioni, non retoriche, sul valore umano e culturale dello stare insieme, del sentirsi partecipi di un progetto sociale ricco e arricchente, che si deve mantenere anche entro gli spazi virtuali che le nuove forme di comunicazione consentono. A questo si aggiungono le tante forme di apprendimento che le scuole creano giorno per giorno, consolidando esperienze di utilizzo di nuovi strumenti didattici, già inventati e condivisi da anni con studenti e/o colleghi (con buona pace di chi non ha ancora pensato che forse questi aspetti dell’insegnamento, dopo 20 anni, avrebbero già dovuto trovare collocazione giuridico/ contrattuale), e alle nuove forme di apprendimento sul campo di tutti quei docenti, che sanno mettersi continuamente in gioco per rispondere con creatività e intelligenza alle nuove sfide. La scuola sta scrivendo una nuova enciclopedia “del e per” l'apprendimento di tutti e a tutte le età, che si sta cerca di diffondere e documentare
e che dovrà essere seriamente studiata e valorizzata, sicuramente non trasformata in una specie di nuovo libro Cuore, di cui, oggi, non si sente davvero il bisogno.
La seconda cosa che stupisce, purtroppo non positiva, è l'assenza di un visibile sforzo adeguato da parte della istituzione centrale e periferica. Il ministero ha avviato un monitoraggio attraverso un questionario, sulla base del quale ha presentato dei dati, finora solo estremamente aggregati, che presentano questa situazione: 67% delle scuole ha attivato DAD e relative forme di valutazione, 6.7 milioni di alunni, su 8.3 milioni, sarebbero stati raggiunti da nuove forme di didattica con diversi mezzi (non si specifica né i livelli di scuola, né la tipologia degli strumenti); per quanto riguarda gli studenti con disabilità l'89% delle scuole interessate ha predisposto materiali ad hoc, 84% ha predisposto materiale per i Dsa e il 68% per alunni Bes non certificati, inoltre quasi la metà delle scuole (48%) avrebbe riunito, a distanza, gli organi collegiali. Questo è quanto, se il rischio attuale è l’aumento delle diseguaglianze e l'inasprirsi della povertà formativa... possiamo solo “goderci” percentuali di scuole, che nulla dicono circa gli alunni coinvolti e soprattutto la dislocazione territoriale e i livelli di scuola delle scuole stesse. L'auspico è che il Miur stia lavorando su dati disaggregati e tali da sostenere interventi mirati, evitando provvidenze “a pioggia” che, in genere, si rivelano poco efficaci. Ad oggi il Miur, come del resto la stessa Protezione civile, per quanto riguarda l'informativa sullo stato di contagi, guariti, decessi, diffusione della pandemia ecc., costringe a fare esercizi di fantasia e di ipotesi che poco hanno a che fare con la necessità di dare il senso di un impegno scientificamente fondato, al di là delle buone intenzioni. Del resto il diritto allo studio è in capo anche alle Regioni, forse sarebbe opportuno dare un minimo di informazione sulla applicazione delle leggi vigenti e le necessarie forzature che, auspicabilmente, si stanno operando nella situazione di emergenza. Lo studio su Gli effetti degli investimenti in tecnologie digitali nelle scuole del Mezzogiorno (S. Giusti, M. Gui, M. Micheli, A. Parma) pur se un po' datato (anno 2015, Muval 33) già evidenziava che le scuole italiane al 97.3% erano (sono?) connesse, le aule dotate di WiFi erano (sono?) il 68.7%, le dotazioni di Pc erano ( sono) di 1 Pc per 9.7 alunni. Stando ai risultati di quella indagine, che rilevava gli effetti di interventi di un Pon dedicato alle regioni dell'obiettivo convergenza , allargato a Sardegna, Basilicata , Abbruzzo e Molise, si evidenziava un effetto mediamente perequativo rispetto alla media Italiana, ma sembra mettere in luce, ancora oggi, le caratteristiche burocratiche e non didattiche di alcune dotazione (quasi il 100% di scuole connesse- registro elettronico, adempimenti amministrativi) , mentre le aule dotate di WiFi , le stesse dotazioni di Lim (del resto ormai superate) sembrano molto limitate e già allora si registrava che alla diffusione di smartphone anche tra gli studenti più svantaggiati (addirittura la indagine rilevava che questo regalo sostituisce il tradizionale orologio della prima comunione), non corrisponde la presenza di un computer a casa. Se sono vere le informazioni che circolano sui social, sembra che i ragazzi partecipino, laddove l'offerta è raggiungibile, ma sono tuttavia i livelli iniziali della scuola , da quella dell'infanzia, alla primaria e secondaria di primo grado a registrare le maggiori difficoltà. Forse, come accade in altri paesi, la televisione e la radio (servizi pubblici?) potrebbero affiancare a programmazioni culturali, programmi specifici per bambini e ragazzi, puntando sul gioco creativo, sulla musica, sulla ginnastica in modo che le scuole possano indirizzarsi e indirizzare alla partecipazione ad attività, capaci di divertire e di impegnare la testa, le mani, tutto il corpo degli alunni/e, per occupare utilmente giornate in cui sono all'improvviso scomparse socialità e scambio tra pari. Di fronte a questi problemi, sembra un po' strana la preoccupazione di come si danno i voti (per fortuna, timidamente, lo stesso ministero sembra parlare di valutazione formativa) e di come stabilire i passaggi da una classe all'altra. Tra i tanti decreti che vengono fuori non sembrerebbe difficile prevedere disposizioni emergenziali per risolvere i problemi connessi con i passaggi entro gli stessi livelli scolari e con gli esami di stato, mentre più utilmente queste giornate, anche a viale Trastevere, potrebbero essere meglio impegnate a prevedere e progettare come sostenere nel corso del prossimo anno scolastico docenti e studenti, utilizzando le tante positive esperienze che si stanno realizzando e valorizzando quelle tante modalità di lavoro in cui si esprime una utile valutazione formativa.