In Siria, i curdi in balia di Erdogan
23-12-2024
Recep Tayyip Erdogan è riuscito a realizzare l'obiettivo politico di diventare potenza egemone in Asia Minore e di respingere i profughi siriani dal territorio turco verso la Siria. Dopo l'intervento di Israele che ha indebolito l'asse sciita da Teheran a Damasco e l'intenzione americana di lasciare la regione, il sultano di Ankara non ha perso tempo per attaccare la comunità curda, impegnando nei combattimenti la città di Kobane. Dal territorio del Rojava, si leva inascoltato il grido delle combattenti curde. Appena le bande turche e dell'HTS di Al Joulani sono arrivate, centinaia di donne sono state rapite da Kobane fino alla zona di Afrin. Le prigioniere, secondo testimonianze,sono state ingiuriate e violentate, rischiano di nuovo di essere vendute nel mercato del sesso.
Se le mire espansionistiche turche mirano a sostituire l'influenza sciita dell'Iran in tutta l'area con quella dei sunniti (Fratelli Musulmani), l'esistenza dei curdi rappresenta per Erdogan una minaccia insopportabile. Contro il popolo curdo, l'intervento militare è già ripreso al fine di annettere segmenti di territorio siriano e ricacciare la popolazione ancora più a Nord Est, nelle zone desertiche verso il confine, allo scopo di controllare questa comunità troppo laica e indipendente che potrebbe rivendicare il riconoscimento del loro Stato. Così questo popolo che ha aiutato per anni anche l'Occidente a combattere l'Isis, dall'Iraq alla Siria( nei gruppi combattenti di Al Joulani), rischia di essere sterminato o smembrato per indifferenza e miopia politica. Anche della comunità internazionale. Soprattutto le sue unità dell'Ypg, secondo Erdogan, non dovrebbero rimanere sul confine turco-siriano, perché nella sua visione razzista e nazionalista, l'etnia curda non è assimilabile in nessun modo al popolo turco. L'altro timore è che questo popolo indomito potrebbe unirsi ad altre comunità, ad esempio i drusi, e costituire una nuova unità politico-militare che possa risvegliare il sentimento nazionalista in Turchia.

Il proposito del presidente turco è reso possibile soprattutto perché l'America, quella di Trump, al momento non garantisce il sostegno futuro necessario: gli Usa, non vorrebbero continuare ad impantanarsi in territorio siriano. Questo sveglia gli appetiti di altre potenze dell'area, come la Turchia, che vorrà colmare il vuoto di potere lasciato dall'America.
Per necessità geopolitica e prossimità geografica, è anche l'Europa che dovrebbe schierarsi a loro favore. Non basta il sostegno morale, sarebbe necessario attivare un'azione politica per impostare un piano di sanzioni che scoraggi i propositi imperialisti del presidente turco. La Turchia è un paese Nato e vorrebbe continuare ad esserlo, la situazione interna non è semplice sotto il profilo economico e neanche di ordine interno. Il sogno di Erdogan di un nuovo impero ottomano, potrebbe rientrare se si mettesse, sulla bilancia delle convenienze politiche, l'irrisolta questione dei diritti umani e la necessità di valori condivisi con il resto dei paesi europei.
Intanto, i curdi, per adesso ancora sotto la protezione Usa, potrebbero rischiare in seguito una nuova pulizia etnica. Forse già in atto.