Putin, la guerra è la sua casa
31-05-2025
Ad esclusione di qualche interlocutore che parla solo per fini di bottega, si è ormai radicato il convincimento che lo zar russo, Vladimir Putin, non vuole porre fine alla guerra, dello stesso avviso è il premier Benjamin Netanyahu che non ha nessuna intenzione di avviare un percorso di pace in Palestina. Anzi sta affamando letteralmente il popolo palestinese. I container degli aiuti a centinaia vengono assaltati non solo dai gazawi ma anche da Hamas e da altre bande di trafficanti.
Putin e Netanyahu non sono due uomini scossi da comuni sentimenti di umanità.
Da anni, entrambi i conflitti sono scientemente portati avanti per aumentare la loro volontà di potenza, il prestigio e la forza.
La Russia, da oltre 15 anni, è progettata e organizzata, attraverso un preciso sistema politico-militare e finanziario ai vari livelli per sopraffare e razziare persone e risorse ovunque si trovino. Putin non può abbandonare queste pratiche né ai suoi confini, né in Africa Settentrinale. La sua casa è la guerra. Se interrompesse il circuito delle ostilità dovrebbe rispondere delle condanne per crimini di guerra in Ucraina e la deportazione di minori nei territori russi (secondo quanto previsto dalle richieste dei due mandati di arresto spiccati dalla Suprema Corte Internazionale, del 22 febbraio 2023). In patria forse perderebbe il potere. Le carriere dei suoi sostenitori, generali, politici e affaristi, sarebbero minacciate e potrebbero defenestrarlo.
L'economia russa è ridotta sostanzialmente ad una economia di guerra, flessibile solo per l'effettuazione delle campagne militari. Da anni, miliziani e armate russe si muovono , oltre che in Ucraina, anche nel territorio del Sahel, in Cecenia e Georgia (2008) non solo attraverso azioni militari, ma operando il controllo amministrativo dei traffici e mantenendo criteri manipolativi del consenso. In Libia, Sudan e Repubblica Centrafricana non vengono svolte occupazioni militari ma attività politiche di rapina di terre rare e minerali prezioni, petrolio, e mano d'opera a basso costo anche per rimpolpare le fila dei caduti nelle guerre.
Esiste il sospetto più che fondato che la macchina da guerra russa , dopo l'Ucraina sia pronta ad aprire altri fronti ai sui confini puntando come già verificato verso la Finlandia, ma anche verso altri paesi del Nord e i baltici .

Nell'Europa occidentale, dopo l'allontanamento dell'America, è ormai in corso lo sviluppo di un futuro sistema di sicurezza che possa garantire l'Europa tutta da altri attacchi russi. Il gruppo dei cosiddetti volenterosi (Polonia, Francia, Regno Unito adesso anche la Germania) hanno stretto un patto di alleanza securitario per la difesa comune europea. La novità nel panorama politico tedesco ed europeo è l'elezione del cancelliere Friedrich Merz. Le sue posizioni e dichiarazioni efficaci non sono in linea con quelle più attendiste di Olaf Scholz a cui comunque va riconosciuto il merito del sostegno militare ed economico fin qui offerto all'Ucraina. Merz, avendo autorizzato l'utilizzo dei missili Taurus a lunga gittata che potrebbero colpire in profondità il territorio russo, e garantendo che il Nord Stream 2 non diventerà mai operativo, ha sconvolto il vasto panorama degli equilibrismi e delle alleanze in essere. L'asse europeo tra Polonia, Germania, Francia e Regno Unito, è orientato ad inglobare i paesi baltici e quelli del Nord Europa.
La Germania non vuole essere l'unico difensore dell'Europa ed è stato chiarito che al momento la sicurezza di tutta l'Europa passa per Kyiv.
Intanto le minacce e le provocazioni politico- militari da parte della Federazione russa continuano. La Georgia un piccolo paese a vocazione libertaria, la Slovacchia, l'Ungheria, la Svezia, la Romania e la Finlandia, vivono un sentimento di accerchiamento sul confine e il timore dell'invasione.

Possiamo affermare che nell'Europa tutta, niente è perduto, anzi è riemersa finalmente una vasta opera di sperimentazione tra forze democratiche che si riprendono le piazze e che lasciano intravedere, anche se offuscate da tentativi autocratici, una forza inaspettata e un'opposizione netta ( Francia, Regno Unito, Polonia, Germania, Georgia) ai vari autoritarismi che si manifestano attraverso restrizioni del dissenso (Italia) e della libera espressione. Dopo molto tempo è riemerso un rinnovato impegno contro la capacità manipolativa, comunicativa e le congetture vittimistiche dei sovranisti.