Iran, Netanyahu chiama Trump per finire il lavoro
16-06-2025
Sul tavolo neutralizzazione del programma nucleare e crollo del regime di Teheran

Quella premessa “dal fiume al mare” per arrivare alla cancellazione di Israele, è l'importante progetto perseguito dall'Iran in questi anni attraverso l'azione di una miriade di gruppi terroristici, noti e meno noti, che rispondono al nome di Hamas, Houti, Hezebollah. Hanno agito per molti anni per destabilizzare tutta l'area medio-orientale ed anche l'Europa. Dal 7 ottobre 2022 è stata ufficializzata l'idea della distruzione totale di Israele. Benjamin Netanyahu che ha scatenato l'attacco preventivo (Rising Lion), si sente legittimato non solo a bloccare il programma di ricerca nucleare iraniano, ma è entrato in un tunnel di guerra senza fine per cambiare il volto del Medio Oriente. Con un occhio ai Patti di Abramo insieme all'Arabia Saudita e agli Emiratini. Per porre fine alla minaccia della Repubbòica islamica e dei suoi proxis: i gruppi terroristici finanziati anche da altri paesi (Qatar) arabi e porsi come unica potenza egemone dell'area.

Cmbiare regime e cultura istituzionale è stato impossibile a Gaza, e a suo tempo anche in Iraq e in Afganistan da parte degli USA che, inoltre, non hanno mai dato garanzie di poter gestire la post-crisi. Per realizzare questa utopia, Netanyahu ha chiesto aiuto a Trump, lusingandolo, per attrarlo nelle sue guerre. Ma ottenere l'assenso dell'Amministrazione americana per entrare in un nuovo tunnel di guerra non è semplice. Gli USA al contrario vorrebbero raffreddare sia il fronte di guerra in Ucraina che a Gaza e adesso lo scontro Isreaele-Iran. Le telefonate tra Trump e Putin hanno per oggetto lo scambio vantaggioso tra le due potenze di facilitare le cose alla Russia in Ucraina e agli USA in Iran.
Il crollo del regime islamico sarebbe auspicabile da tutto il mondo democratico e per molta parte dela popolazione iraniana, soprattutto dalle donne, che continuano le loro lotte, anche se le guerre che insanguinano adesso l'area hanno dirottato altrove l'attenzione dei media. Il cosiddetto regime change (cambio di regime) non può essere importato dall'esterno ma solo sostenuto. Sarebbe necessario un fronte unito dei gruppi etnici che si muovono all'interno del paese iraniano,tra minoranze, per una piattaforma politica comune (raccoglierebbe quasi il 50% della popolazione) per avviare l'avvicendamento verso un diverso sistema politico. Comunque con processi graduali e non imposti da forze straniere.

Tornando al programma di proliferazione nucleare, sono decenni che l'Occidente non vede di buon occhio l'arma atomica in mano alla teocrazia di Teheran. Appena Tel Aviv ha compreso che in Iran era in corso l'arricchimento dell'uranio già oltre il 60%, ha scatenato l'attacco militare.
Questo ennesimo fronte aperto potrebbe durare due settimane, secondo Tel Aviv. Nessuno ci crede. Il Primo Ministro Netanyahu nonostante sia proiettato per risolvere la questione esistenziale di Israle, ha troppi problemi con la giustizia, la fine delle ostilità al momento gli potrebbero costare la caduta del suo governo dopo elezioni e perfino il carcere.
Nell'area, Yemen e Iraq, sono schierati con l'Iran, mentre per la Turchia, il disarmo nucleare iraniano non è una cattiva notizia, perchè neutralizzerebbe le aspirazioni egemoniche di Teheran.
Sono centinaia i missili balistici lanciati da entrambe le parti, sempre più sofisticati e in grado di sfuggire al sistema di protezione antiareo, e con maggiori capacità di colpire più in profondità e precisione.

I colloqui di pace che dovevano essere avviati nell'Oman sono stati annullati, mentre anche con le ostilità in corso potevano essere l'occasione per un buon rilancio dei negoziati.
A livello internazionale la diplomazia è decisamente sottotono, sono in auge solo i rapporti al di fuori delle Organizzazioni internazionali (ONU), tenuti dalle grandi potenze con un ruolo indiscusso. Le regole del diritto internazione per una convivenza pacifica tra stati è saltato. Ogni proposta politica di Trump e non solo, è umorale e instabile.
In Europa, Macron, Merz e Starmer non avendo alcun ruolo negli eventi che stanno infiammando l'area medio-orientale, si proiettano volutamente sulla difesa europea (soprattutto dell'Ucraina), che significa spese enormi per tutti i paesi coinvolti, previste dal 2% al 5% del Pil ogni anno a secondo della tempistica. Probabilmente in 10 anni.