Disuguaglianze sociali
di Rosy Ciardullo---02-10-2021
Il nostro Paese, da una parte è avvolto in un’aurea ottimistica per i risultati economici raggiunti e dall’altra sembra in caduta in un pozzo senza fondo di problemi irrisolti. Che funestano i buoni esiti per il numero elevato di morti sul lavoro e per le disuguaglianze in ascesa.
Il Ministro del Tesoro, Daniele Franco, ha fornito, qualche giorno fa, con la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF), gli incredibili dati di tipo cinese dell’economia del Paese. Il PIL quest’anno crescerà fino al 6% (dal 4,5% di primavera 2021), la riduzione del deficit è in calo dall’11,8% all’9,4%, e il debito passerà dal 155,6 al 153,5%. Nell’Agenda del Governo, tra le varie misure, è prevista la revisione del Catasto, la Riforma fiscale in particolare dell’IRPEF che probabilmente sarà approvata in settimana e che andrà in vigore dal 2022, quella sulla Concorrenza e la revisione di Quota 100.

Una visione classica di crescita
Questa è la foto in numeri, che dà il polso della crescita in chiave macroeconomica.
Sullo sfondo però, a fronte di questi risultati, c’è una zona d’ombra che permane e che rimescola sensi di colpa, fallimenti, sfruttamento, l’enorme numero di morti sul lavoro, frustrazione per le questioni irrisolte, disoccupazione, famiglie in difficoltà. Questioni che sembrerebbero l’altra faccia della medaglia ma che hanno invece a che fare con un’ottica previsionale inadeguata per la risoluzione degli squilibri sociali ed economici, e con la mancata individuazione di indicatori adatti a mettere in luce la qualità della vita della popolazione. Nessun dato indica, ad esempio, il costo in termini umani ed economici del malessere causato dalla disoccupazione e dall’incidenza delle malattie per l’invivibilità dell’ambiente.
Il paniere dei parametri va ampliato.

Interessante a questo proposito, forse il pretesto che mi ha spinto a scrivere questo pezzo, è il punto di vista di Joseph Stiglitz, in un’intervista su La stampa del 28 settembre, che dice del PIL: “E’ un indicatore che ha fallito perché offre una foto parziale della società, adesso è arrivato il momento di concentrarsi sulle disuguaglianze e sul benessere”.
Da un’analisi recente della società americana, l’economista deduce che se la gran parte della ricchezza è concentrata nelle mani dei Bill Gates o Jeff Bezos, questo non vuol dire che la middle class americana ne viene beneficiata in qualche modo. Nel 2007, egli aggiunge, il boom economico che decretò la crescita complessiva dell’economia mondiale, distrusse l’ambiente e la salute dei lavoratori oltre che del pianeta. Ciò significa che le categorie fin qui adottate cominciano a rivelarsi insufficienti ad individuare quali altri elementi siano da ritenere importanti per comprendere, ad esempio, le disuguaglianze. Che causano ovunque infelicità e rabbia.
L’altro aspetto è quello della sostenibilità, un tema decisivo che andrebbe rivisto non solo correlandolo all’ambiente ma anche alla salute e al benessere sociale, tenendo in conto anche le richieste pressanti e globali che provengono dai movimenti giovanili mobilitati su questi interrogativi.
Gli americani, secondo Stigliz, vivono meno degli abitanti degli altri paesi sviluppati, perché sopraffatti da stress e malattie per il super lavoro.

Lavoro
Le parole di Maurizio Landini, segretario CGIL, sul tema dei contratti di lavoro, una questione ritornata di punta dopo la pandemia, ripropongono la necessità di ridurre le tipologie di contratti volendole portare da 900 a 200 (che comunque mi sembrano un numero enorme per normare la materia). Insieme, la richiesta di pene più severe o addirittura il blocco alle aziende che non garantiscono la sicurezza sul lavoro prevedendo un certo livello di collaborazione con esse per individuare in anticipo le criticità che si annidano nel processo produttivo. Sarebbe l’inizio di una lotta contro l’illegalità e la faciloneria che devastano il mondo produttivo con una strage che si consuma silenziosa ogni giorno. Nelle intenzioni del governo, il richiamo a concetti come formazione e prevenzione, che dovrebbero incidere nella cultura del mondo del lavoro, impresa e lavoratori, dovranno far parte , nel bagaglio delle buone intenzioni, del programma degli investimenti e non dei costi.