Paradossi comunicativi
di Rosy Ciardullo---02-05-2022
Come si fa ad inseguire un accordo di pace o un compromesso accettabile in mezzo a tanti annunci tonanti e provocatori in risposta all’isteria paranoica di Vladimir Putin? Mi pare che si invochino soltanto soluzioni unilaterali che portano dritto all’Apocalisse. Abbiamo capito che Russia America e Ucraina giocano ognuna sul proprio piano di interesse nazionale, internazionale, del prestigio personale dei leaders e per l’egemonia su nuove aree di influenza. In ballo c’è il riposizionamento geopolitico delle super potenze, il cosiddetto sistema multipolare invocato da Russia e Cina. Un’altra prospettiva e altro futuro.
Senza tener conto che gli stati autocratici possono raggiungere livelli di maggiore benessere ma non potranno mai garantire diritti civili e lo stato di diritto come in Occidente se la forma di stato corrisponde ad un regime totalitario. Per questo le popolazioni protestano: in Ucraina come a Shangai oppure ad Hong Ong, o in Birmania. Soprattutto dopo aver conosciuto la differenza tra le due ipotesi: democrazia e dittatura.
La storia è ancora tutta da scrivere, al di là del volere di Putin, perché le cose non rimangono mai così ferme e molti non sono disposti a seguirlo nel suo “perennismo” arcaico.

Tra le dichiarazioni infuocate che non portano sicuramente alla de escalation, ci sono quelle del Presidente americano, Joe Biden, che ha annunciato 33 miliardi di dollari di spesa, di cui 20 per gli armamenti e il resto per gli aiuti. Boris Johnson che tuona impegnandosi ad inviare uomini addestrati , tank e missili antinave, mentre nella riunione di 40 paesi in chiave antirussa, a Ramstein, base americana in Germania, il ministro della difesa americano, Lloyd Austin, ha dichiarato esplicitamente che l’obiettivo americano è quello di indebolire la Russia per evitare minacce future. In ultimo, abbiamo assistito al viaggio tardivo di Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni unite, che si è recato a Bucha e dintorni per verificare le atrocità e portare sostegno. La risposta russa è stato il lancio di due missili a Kiev che hanno centrato non l’obiettivo militare ma un a casa privata dove abitava la giornalista russa uccisa, Vera Girich.

Tornando alle dichiarazioni dei belligeranti, non ricordo che le guerre siano state mai vinte raccontando in anteprima strategie e quantità di uomini e di armi da impiegare oppure strombazzando l’efficacia delle proprie per modernità e tecnologia contro la vetustà di quelle degli altri. Se mai si è sempre giocato sul fattore sorpresa e sulle capacità tattiche nel caso si volesse sconfiggere l’avversario. Inoltre, c’era l’istituto del Segreto di stato, ricordato dal Ministro della difesa, Guerini, che vietava di fornire in anticipo informazioni al nemico in campo militare.

Anche i media, i servizi giornalistici, mostrano immagini e testimoniano eventi di un genocidio in atto con un linguaggio totalmente militarizzato, mentre la comunicazione ufficiale degli stati coinvolti si caratterizzano per i toni accesi della propaganda di guerra.

L’Europa però non avendo interesse a questa guerra dovrebbe muoversi per spingere al compromesso. Creando luoghi negoziali ed occasioni di incontro per possibili trattative. Ad esempio, visto che Putin comincia a rendersi conto degli effetti delle sanzioni, si potrebbe insistere in cambio della non applicazione di qualche sanzione con la richiesta di riportare a casa i 150.000 bambini deportati nei territori rurali della profonda Russia. Oppure altri scambi potrebbero riguardare i corridoi umanitari.
Al punto in cui siamo, non credo che qualcuno possa illudersi, a cominciare da Zelensky, che Putin vorrà rinunciare completamente all’Ucraina e alla Crimea. Bisognerà riprendere i toni bassi e innescare processi di pace, e ovviamente proseguire con l’azione di difesa degli ucraini.
Confrontando invece le parti in causa, vedo un’evidente scollamento tra il non voler prendere atto della percezione che Vladimir Putin ha di sé e le relazioni inadeguate che si sono instaurate con lui da parte occidentale.
E’ necessario che l’Europa, in primis l’Italia, assuma un ruolo più protagonista, cambiare linguaggio e non inseguire il disegno distruttivo di Putin, invece di continuare a parlare con toni trionfalistici di sanzioni e di armi. L’uomo che abbiamo davanti è questo, e lo stesso dicasi di coloro che lo circondano. Almeno di quelli che sono rimasti vivi.