La strage delle ragazzine
di Rosy Ciardullo---01-12-2022
I soggetti rivoluzionari sono stati solitamente solo giovani maschi, la componente femminile è stata sempre piuttosto scarsa a livello numerico, anche nel caso di guerre di liberazione o rivolte di piazza.
Adesso in Iran, straordinariamente nel cuore dell’Islam, al grido di: “Donne, vita, libertà”, i soggetti rivoluzionari sono identificabili incredibilmente soprattutto nelle adolescenti di quel Paese. Come se avessero rovesciato un paradigma, una percezione forse del tutto occidentale di immaginarle sempre chiuse nelle case. Obbedienti e nell’ombra, lontane dagli eventi e dal farsi della storia. Non si sa se riusciranno a provocare crepe nel regime ma la strada imboccata le porterà a realizzare prima o poi il sogno di riappropriarsi delle loro libertà. Quell’ideale, quella promessa che si sono date, che chiede sempre un contributo di sangue altissimo prima di realizzarsi e per il quale sopportano di tutto e sono disposte a morire. Sperando di coinvolgere in queste dinamiche anche i destini di altri paesi islamici che sono nella stessa situazione. Al momento, non ci sono leader dichiarate ma proteste che non arretrano e che colpiscono i simboli religiosi più oltraggiosi e umilianti, come l’hijab, il velo. Se cade il velo, si apre una breccia nel sistema degli ayatollah. Cosi si dice. La loro azione ha fatto da volano anche alla partecipazione dei loro coetanei maschi e delle minoranze curde. Mahsa Amini la prima vittima era di etnia curda.
Ad oggi, sono quasi seicento le vittime accertate. Tra queste, si contano molte ragazze restituite sfigurate, spezzate nell’anima e nella loro fierezza e bellezza. L’ultima è Mahak Hashemi di Shiraz, di anni sedici, colpevole di portare il cappellino da baseball fuori casa e non il velo. I genitori hanno potuto solo riconoscerla dopo morta insieme ad una altra ragazza, uccise entrambe dalla polizia morale.
Nate sotto il regime degli ayatollah non sono più disponibili a sopportare il peso delle vessazioni che da 43 anni colpiscono tutta la popolazione ma ancora di più le donne per l’obbligo del velo e per lo stato di minorità. L’alto livello di istruzione della gioventù iraniana rende paradossale la subalternità in cui queste ultime generazioni sono tenute. L’idea di essere governati da personaggi abbarbicati al potere, avvolti in tonache e barbe che segnano il confine tra sé e gli altri, chiusi in convincimenti ancestrali e ottusi, danno veramente l’idea dello scollamento con le nuove generazioni, disposte a tutto pur di scrollarsi dalle spalle questo regime fanatico e fallimentare che non può dare risposte. I giovani si muovono per passioni, alla ricerca di orientamento e futuro, e vogliono le stesse libertà dei loro coetanei occidentali a cui si rivolgono per chiedere aiuto e solidarietà. Avendo l’esempio delle giovani e dei giovani occidentali, a poche centinaia di chilometri di distanza, non possono recedere. Sanno di pretendere specularmente quei diritti che stanno nel regno del possibile.
.
E’ di tutta evidenza che le proteste per i diritti si susseguono principalmente in paesi con governi strutturati, come Cina e Turchia oltre che in Iran, che hanno garantito per molti versi il benessere economico. Ma che hanno offerto solo il pane e non anche le rose. Regimi che sembravano inossidabili, la cui durata nessuno avrebbe messo in discussione, adesso sono sulle difese e che se attaccati rivelano sempre di più la loro natura sanguinaria e spietata. La Cina e la Turchia (ed anche Putin) hanno perfino cambiato la Costituzione per garantirsi altri mandati ma non ce l’hanno fatta a mettersi al riparo dal cambiamento. Non si può fermare a lungo la piena con argini troppo stretti.