Proteste universitarie, quale obiettivo
di Rosy Ciardullo---25-03-2024
Università in fermento. Gruppi studenteschi ispirati da movimenti come: Me Too, Progetto Palestina, Unibo e Cambiare Rotta, tengono banco nelle fila della protesta. A Pisa, Torino, Bologna e Roma.
Si potrebbe dire: era ora che i giovani si riappropriassero degli spazi della politica dopo tanto tempo di latitanza, con un protagonismo anche utile a rendere visibili i loro obiettivi.
Ma stiamo alle tappe che li ha resi visibili: divieto di parlare a David Parenzo (Università La sapienza, Roma) e Maurizio Molinari (Università di Napoli) perché ebrei, quindi, secondo il nuovo cliché, collusi con il sionismo; divieto di parlare anche alla sociologa Chiara Saraceno (il motivo non è chiaro); boicottaggio ai progetti di collaborazione scientifica e tecnologica tra Università italiane e israeliane. La decisione di non aderire del Senato accademico di Torino (in crisi di leadership?) è in relazione al rifiuto di partecipare al bando del Ministero degli Esteri che promuove la cooperazione tra le Università dei due Paesi. Paradossalmente sembra invece la rinuncia esplicita a costruire ponti per la pace e la collaborazione tra i popoli.

I temi molto scarni e semplificati della contestazione vanno dalla solidarietà alla Palestina fino alle problematiche degli Atenei nostrani, considerati un sistema marcio fatto di molestie sessuali e ricatti: non anche un tempio del sapere varcato storicamente con successo da molte donne, famose per i risultati nella ricerca e nel sapere. Nel paniere un grumo di rivendicazioni indifferenziate che vanno dai fatti della politica estera fino alle questioni interne specifiche del nostro Paese. Il mondo, quindi. In un moto che rivela presunzione, e che evoca con veemenza lo spirito antiebraico e razzista che sta emergendo senza controllo, possiamo dire, in tutto il mondo.

Mi chiedo se lo stesso approccio rigoristico viene utilizzato nel giudizio sul patriarcato palestinese, molti palestinesi hanno aderito ad Hamas. Quell’organizzazione terrorista che il 7 ottobre 2023 ha messo in atto il brutale atto di guerra che ha fatto da star up alla guerra di sterminio tuttora in corso del popolo palestinese. E’stato l’apoteosi dello stupro di massa sugli ostaggi, sulle donne, e un’aggressione al modo di vivere occidentale.

Repetita iuvant, si dice. Le parole d’ordine ripetute ossessivamente, i concetti ribaditi, l’invadenza delle tesi estremistiche, piatte, semplici per essere fruibili, finiscono sempre per avere la meglio. Il tempo fa la sua parte. La forza della propaganda attecchisce e non conosce ostacoli. Non ci sono leadership importanti che possano arginare, ma solo l’impatto e porte aperte ad una decadenza sempre più evidente. L’obiettivo è chiaro. La propaganda è il focus per preparare le guerre d’aggressione e compiere attentati, il volano giusto, auspicato e voluto dalle strategie dell’estremismo islamico che intercetta cuori e menti dei giovani nelle società occidentali.

Non so come la comunità accademica torinese, bolognese, oltre alla Conferenza dei rettori delle Università, abbiano potuto cedere ad argomentazioni (intimidazioni?) senza perimetro logico e carenti di una riflessione critica sugli avvenimenti. Da questa miopia politica è scaturito il boicottaggio alla cooperazione scientifica e tecnologica tra università e centri di ricerca italiani e israeliani.

La stessa critica ad Israele che, nonostante il governo di Netanyahu, guerrafondaio e feroce, rimane un paese democratico con una stampa libera e le piazze piene, prima della guerra, di manifestanti che si esprimevano liberamente, dovrebbe investire anche i rapporti con le altre comunità scientifiche e gli accordi che l’Italia intrattiene con paesi come: Cina, Tunisia e Egitto per proficue collaborazioni scientifiche, relazioni politiche e commerciali. E che dire della vastità di rapporti con Russia, Turchia, Iran ed Emirati.
Una revisione critica delle differenti posizioni sarebbe auspicabile, perché della democrazia se ne sente il bisogno solo quando la si perde.