Ipotesi di riforma del processo di appello
di Giancarlo Armati---19-02-2018
Ipotesi n. 1 - abolizione dell’appello
Il nuovo codice di procedura penale – e le successive modifiche apportate da nuove norme e da numerose sentenze della Corte Costituzionale – hanno introdotto sostanzialmente un nuovo modello di processo tendenzialmente accusatorio, fondato sui principi cardine della parità delle parti, della terzietà del giudice, della formazione della prova nel dibattimento.
Malgrado questa profonda riforma in senso garantistico, è stato conservato quasi inalterato il sistema delle impugnazioni (doppio grado di giurisdizione di merito con un terzo gradi di giurisdizione di legittimità) proprio del rito inquisitorio, realizzandosi così un sistema processuale di doppio regime garantistico.
Il sistema del doppio grado di giurisdizione di merito, tuttavia, non può essere ulteriormente mantenuto:
1) perchè l’istituto dell’appello devolutivo, proprio del sistema inquisitorio, non ha più senso in un sistema accusatorio, nel quale la prova si forma nel dibattimento, in contraddittorio fra le parti (ed infatti nei paesi anglosassoni il secondo grado di giudizio è limitato ai vizi procedurali);
2) perchè il giudizio di appello determina l’allungamento dei termini di carcerazione preventiva, ingenerando quel fenomeno dei “detenuti in attesa di giudizio” che confligge clamorosamente con il nostro sistema processuale ipergarantistico, e favorendo quell’altro fenomeno della scarcerazione di pericolosi imputati – pur già condannati in primo grado- per scadenza termini,
3) perchè il giudizio di appello, inoltre, concorre a differire iniquamente l’applicazione della pena a distanza di molti anni dalla commissione del fatto, al momento del passaggio ingiudicato della sentenza,
4) perchè infine l’appello ha un costo sociale altissimo, dilatando enormemente la durata dei processi, in modo da inficiare gravemente quel garantismo che lo stesso istituto tenderebbe a rafforzare.
Appare pertanto più organica al nuovo sistema processuale accusatorio e più producente per gli specifici aspetti sopraindicati una riforma che sancisca l’abolizione dell’appello, mantenendo il giudizio di cassazione, con eventuale rinvio, in caso di annullamento, a (diverso) giudice di primo grado.
E’ da rilevare, peraltro, che il giudizio di cassazione, oltre che eliminare i vizi di legittimità, appare idoneo a porre rimedio anche a quei vizi sostanziali non di mera legittimità, penetrando di fatto nel merito della sentenza impugnata (come avviene con sempre maggiore frequenza, trasformando il giudizio di legittimità quasi in un terzo grado di giudizio di merito) attraverso l’esame dei motivi di ricorso relativi alla “mancata assunzione di una prova decisiva” e alla “mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ” (art. 606, lett. d) ed e) C.p.p.): con conseguente soddisfacimento della esigenza di controllo della sentenza di merito, emanata in un giudizio di tipo accusatorio.

Ipotesi n. 2 - previsione di casi tassativi di appello
Ove si voglia optare per il mantenimento dell’appello (ovviamente per motivi di natura extragiuridica), esso dovrebbe essere ristretto ai casi tassativi di seguito indicati, con previsione di un filtro di ammissibilità.
La nuova disciplina dovrebbe articolarsi come segue.
L’imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di condanna nei seguenti casi:
a) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto (sul modello della revisione: v. art. 630, lett.c), C.p.p.);
b) se nel giudizio di primo grado non è stata assunta una prova decisiva , quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale di primo grado (sul modello del ricorso per cassazione: (v. art. 606, lett. d), C.p.p.);
c) se la motivazione della sentenza di condanna è totalmente carente, o contraddittoria, o manifestamente illogica, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento o da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame (sul modello del ricorso per cassazione: v. art. 606, lett. e), C.p.p.).
Il pubblico ministero e l’imputato possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi previste dalle lett. a), b) e c), ma, nei casi di cui alle lett. a) e b), soltanto quando le nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il proscioglimento, o non assunte benchè richieste nel giudizio di primo grado sono decisive per la valutazione della colpevolezza dell’imputato.
Nei casi previsti dalle let. a), b) e c) il giudice dispone, per quanto occorre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Se non ricorrono i casi previsti dalle lett. a), b) e c), il giudice dichiara con ordinanza la inammissibilità dell’appello.

Effetti della riforma dell’appello sopra ipotizzata:
1) affermazione della centralità del giudizio di primo grado, più conforme al sistema accusatorio (a tal fine appare opportuna una rivisitazione della competenza del tribunale in composizione monocratica o in composizione collegiale, privilegiandosi quest’ultima per i reati di medio-alta gravità);
2) mantenimento di sufficienti garanzie processuali – in senso sostanziale – per l’imputato (il controllo dei vizi di procedura è già previsto in sede di giudizio in cassazione: v. art. 606, lett. c), C.p.p.);
3) abrogazione o forte deflazione del giudizio di appello (scomparsa dell’appello devolutivo proposto “sempre e comunque” dall’imputato), e conseguente disponibilità di risorse professionali (magistrati e personale amministrativo qualificato) da destinare al rafforzamento del giudizio di primo grado;
4) restituzione alla Corte di Cassazione della funzione esclusiva del controllo di legittimità (attraverso la abrogazione dei casi di ricorso di cui all’art. 606, lett. d) (mancata assunzione di una prova decisiva) e lett. e) (mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione), che implicano sostanzialmente un giudizio di merito);
5) maggiore rapidità dei processi penali, e quindi maggiore efficienza del sistema giustizia nel suo complesso (anche con effetti positivi sulla prescrizione).