piccola riflessione
di Giuseppe Izzo---10-03-2018
Il dato politico consegnatoci dai risultati elettorali di domenica è che ci sono due vincitori e uno sconfitto: i vincitori sono la coalizione di centro destra trainata dalla Lega e i 5stelle, lo sconfitto è il Pd (della sorte di Leu meglio tacere). La Lega ha cambiato clamorosamente a proprio vantaggio i rapporti interni alla coalizione ma il suo risultato ha e avrà un peso sempre maggiore se giocato in chiave egemonica sull’intero universo della destra e non in solitaria.. Gli altri vincitori sono i Grillini i quali non a caso reclamano l’incarico a formare un governo come primo partito. Il Pd ha subito una durissima sconfitta: i vari tentativi di attribuirla agli errori, al carattere, alla personalità del solo Renzi trascurano il fatto che il Pd è stato il pilastro di tutti i governi di questa legislatura e che proprio la sua azione di governo è stata sconfessata massicciamente dagli italiani, come emerge anche dalla delegittimazione nelle urne di tanti ministri. Allora, dinanzi alla difficoltà di dar vita a una maggioranza di governo , non c’è che una via: che entrambi i vincitori, entrambi critici spietati dei governi passati, si accordino per formare un governo di larga coalizione, come in Germania. La larga coalizione oggi in Italia è tra centro-destra(tutto) e 5stelle. Il Pd è stato mandato all’opposizione dal voto popolare che ha respinto in maniera plebiscitaria le sue politiche e le sue scelte di governo. E quindi il suo posto democraticamente è lì. Ogni altra opzione avrebbe un significato diverso: quello di proseguire e completare l’opera di spiantamento dell’unica forza che ancora si pone, bene o male, il problema di rigenerare la sinistra nell’epoca della sua crisi nell’intero Occidente.
Sollecitare il senso di responsabilità del Pd per fargli accettare il sostegno a un governo a trazione grillina, con l’argomento-trappola della contiguità degli elettorati e del travaso di voti, sarebbe l’ultima e definitiva mossa per fagocitarlo e accreditare i 5 stelle a unico protagonista del confronto con la destra. Se si dovesse concretizzare un simile mortale rischio, se fossero messe in atto manovre troppo avvolgenti, non ci sarebbe che un solo dovere: chiamare tutti gli iscritti a pronunciarsi con un referendum. Solo loro, non padri o madri più o meno nobili (intervista D’Alema Corsera), né altre figure pur autorevoli, possono e debbono decidere del destino del loro partito.