Il balcone del popolo
di Carlo Mari---29-09-2018
In effetti il problema non è che arrivati al governo non fanno quello che avevano detto in campagna elettorale. Il problema è che le fanno, quelle cose. E sono negative per il paese. E focalizziamo bene; il Governo gialloverde è pericoloso soprattutto nella sua coloratura gialla. Quella verde si è presa la scena con la ubriacatura machista sulla immigrazione, un problema certamente grande e tragico ma non strutturale dell’Italia. Il delirio sta nella politica demagogico/peronista, decrescista, “venezuelana” a 5 stelle. E il balcone di Palazzo Chigi plasticamente lo dimostra, con la coreografia della sola componente gialla del governo, senza nessun leghista affacciato a quel balcone ad inneggiare all’aumento del debito pubblico nazionale. Il balcone è tutto giallo. Ed anche il sottobalcone sbandierante. Ormai l’Italia - euro o non euro, U.E. o non U.E. - è comunque slittata fuori dall’Europa proprio antropologicamente; fuori dal mondo occidentale, che nemmeno Trump! E dalla manovra finanziaria del popolo che ha abolito la povertà, emana un odore penetrante di Piano B. Sì perché il senso più profondo di tale manovra – lo stia negando o no Di Maio - sembra proprio essere la sfida all’Europa, da cui ci si aspettano, anzi si mettono nel conto - e si auspicano - due possibili risposte.
Una di debolezza, da U.E. attualmente fragilissima e che dopo la Brexit non può permettersi anche un Italexit. Dunque, una risposta del tipo: ma sì, fate quel che vi pare, indebitatevi, fatti vostri. Noi Europa in fondo ci stiamo attrezzando per una “Unione disunita”, cosiddetta a due o tre velocità. E che l’Italia navighi pure nei vagoni di coda. Risposta debole, che sarebbe narrata dal think thank della comunicazione pentastellata al grido di: abbiamo piegato l’Europa. La quale però se ne andrebbe per fatti propri, lasciando l’Italia a pascolare nei campi della decrescita e della destrutturazione socio-economica e politico/istituzionale.
Altra possibile risposta europea: forte, guerreggiata, con bocciatura della manovra, sanzioni, spread alto ecc.. Uno scenario apertamente conflittuale che avrebbe come narrazione: vedete, noi volevamo liberare il popolo dalla povertà, i poteri forti europei ce lo vogliono impedire.
Conflitto che potrebbe essere giocato in due modi: 1) per motivare una retromarcia, un allentamento della dichiarata lotta alla povertà senza pagarne un prezzo in termini di consenso: anzi. 2) Stressandolo fino ad un punto di rottura, con conseguente impossibilità di salvare le condizioni del paese senza far ricorso ad una forma, radicale o parziale, di Italexit. Il Piano B del Ministro Savona, insomma, rimasto sempre sullo sfondo programmatico di questo governo: sullo sfondo, sì, ma ben presente e vigile: incombente. Allora, diciamocelo chiaro, la manovra varata dal Consiglio dei Ministri giovedì 27 settembre è una sorta di apertura esplicita delle ostilità. Da qui la drammatizzazione scenografica del balcone. Una chiamata a raccolta. Popolo sovrano contro élites internazionali. Insomma lo scenario è di sradicamento, spaesamento, deriva. Una sbornia. E un risveglio duro per tutti. Anche per gli sbandieratori.

p.s. n. 1 Questo documento di politica economico-finanziaria se lo deve intestare – gli piaccia o no - anche Tria. La manovra del popolo, che abolisce la povertà, è pure sua, anzi, tanto sua, essendo il Ministro (Ministro??) dell’Economia. Beh in fondo potrà esserne orgoglioso. Una manovra epocale. E non mi si venga a dire che è bravo a non dimettersi, perché così in qualche misura rassicura i mercati, gli investitori, l’Europa ed il buon senso. “Ma de che?” si dice a Roma. Aveva parlato di una linea di difesa del deficit all’1,6%: e che comunque il 2% era una trincea invalicabile. Bravo! Ha metabolizzato il 2.4%. Non una parola dal superministro economico, che nei giorni scorsi aveva già dovuto – o voluto – accettare invettive e minacce ai suoi collaboratori (ai suoi collaboratori!!!!) dirigenti, funzionari e tecnici del MEF. E abbiamo visto che cosa preparavano quegli insulti. Bene. Ora delle due l’una: o Tria non si dimette, e allora la manovra economica porta intera il suo nome. Oppure se non la condivide e ha dovuto subirla, si dimetta e non resti a quel posto un minuto di più. Perché non rassicura proprio nessuno. Certo non i mercati e gli investitori. E nemmeno la minoranza degli italiani.

p.s. n. 2 A proposito, c’è un secondo ministro che francamente lascia basiti. Moavero. Il Ministro (Ministro?) degli Esteri. In pochi mesi l’Italia ha avuto una totale ricollocazione internazionale, lasciando alleanze, entrando in altre, uscendo dall’Europa occidentale ed entrando in quella orientale, intrecciando intese strategiche con la Russia, ridefinendo i propri rapporti con tutti i grandi organismi internazionali, e non una parola dal superministro supertecnico superdiplomatico Moavero. Delle due l’una: resta al suo posto e allora vuol dire che la politica estera italiana se la intesta anche lui (e senza nemmeno aver aperto bocca, se non per rimbrottare Macron), oppure non la condivide. Allora lasci, a braccetto con Tria.
Perché non rassicurano proprio nessuno: ma proprio nessuno.