Progetto di finanziamento pubblico ai partiti
di Alberto Galanti---23-10-2019
In questi ultimi quarant’anni troppi sono stati i motivi del progressivo venir meno della fiducia dei cittadini nei partiti tradizionali e della preoccupante ascesa di movimenti antipolitici.
Politicamente aristocratico con tanto di puzza sotto il naso (mi manca solo la erre moscia), riesco a sopportare la volgarità della plebaglia qualunquista montante solo se la considero la feroce punizione inflittaci dal dio della coerenza e della lungimiranza.
Siamo stati puniti per la nostra arrogante e irresponsabile noncuranza dei segnali chiarissimi che pure ci giunsero quando ancora avremmo potuto recuperare fiducia. Uso la prima persona plurale perché votai la Ditta fino all’ultimo e mi considero corresponsabile di tale arroganza.
Uno dei segnali platealmente ignorati fu la cancellazione del finanziamento pubblico dei partiti attraverso il voto referendario.
L’11 giugno 1978 malgrado i SI’ fossero quasi 14 milioni, con un’affluenza dell’81% , la legge del 1974 sul finanziamento pubblico ai partiti non fu abrogata. Invece di capire che tirava una brutta aria, il Parlamento dal 1981 al 1985 finì per raddoppiare il finanziamento ed estenderlo anche come rimborso alle spese elettorali regionali.
Dopo la tempesta ”tangentopoli”, il referendum del 1993 con il 77% di affluenza e 31 milioni di SI’, cancellò a furor di popolo il finanziamento pubblico. Nello stesso anno il Parlamento lo trasformò in rimborso spese elettorali eludendo nei fatti l’esito del referendum stesso. Solo nel 2014, quando ormai gli insulti si levarono minacciosi dalle moltitudini in rivolta, si arrivò all’abrogazione con il governo di Enrico Letta.

Raccogliendo la sollecitazione del nostro presidente, vorrei mettere nella cassetta delle idee il mio “Progetto di finanziamento pubblico ai partiti”.
Si dirà con quale coraggio torno a proporre un finanziamento pubblico ai partiti.
Il fatto è che nella Costituzione “più sopravvalutata del mondo”, parte prima, sezione rapporti politici, all’articolo 49 si afferma: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Come disse qualcuno “I partiti sono la democrazia che si organizza”. Sono uno strumento prezioso che va regolato e finanziato in modo che nessuno abbia più motivi per dire di no.

Principio base della proposta
In una elezione per la Camera dei Deputati, la persona in cabina elettorale concede fiducia alla lista che vota. Quella lista che ottenere il voto, riceve contestualmente un importo di denaro pubblico di cui solo chi l’ha votata può disporre. Chi non va a votare, chi vota scheda bianca o nulla, sa che l’importo non sarà erogato ad alcuno. Se la legislatura dura meno dei 5 anni l’importo sarà proporzionalmente decurtato.

Ipotesi di calcolo dell’importo individuale
Gli aventi diritto al voto, nelle ultime elezioni politiche alla Camera, erano 46.505.350. Lo prendo come dato da utilizzare nel progetto.
Immagino, per aiutarmi nell’astrazione, che voti il 100% degli aventi diritto e che 4 partiti prendano ciascuno il 25% dei voti.
Di cosa può avere bisogno un partito di oltre 11 milioni di elettori?
Ho deciso che i costi di gestione, tutti rigorosamente da certificare, siano i seguenti:


Essendo 4 gli ipotetici partiti tutti dello stesso peso politico, l’ammontare teorico del finanziamento diventa:
132.650.000*4= 530.600.000 euro

Questa cifra divisa per gli aventi diritto al voto diventerà: 530.600.000/46.505.350= 11,41 euro

I votanti lo scorso anno furono 33.923.321 di cui 389.441 schede bianche e 1.082.296 schede nulle. I voti validi assegnati furono quindi 32.451.584. Questi, moltiplicati per gli 11,41 euro, forniscono il dato dell'ammontare reale dell'esborso: 370.254.400 euro in 5 anni.


C’è qualcuno così strano da affidarsi a un partito e poi negargli 2,28 euro l’anno per 5 anni?
Io credo di no, dopo una paziente spiegazione del metodo proposto.