E come diceva Flaiano.....
di Carlo Mari---11-12-2019
Qualche riflessione anche da parte mia. Non per ripetere cose già espresse da Alberto, Carlo e Sergio. Se possibile, per aggiungerne.
Come abbiamo detto nella introduzione all’incontro con Matteo Richetti, il nostro auspicio – e forse anche bisogno – è quello di aggiungere, agli incontri con singoli esponenti del mondo progressista, anche un confronto diretto, a tavola rotonda, fra rappresentati dei principali soggetti politici che in questa area politico/culturale si muovono. Tanto più che, come anche l’incontro con Richetti ha fatto emergere (concordo con Alberto), siamo di fronte, ancora e sempre, ad una ricerca di ciò che divide piuttosto che di ciò che unisce. Ed è chiaro che con questa ottica diventa inevitabile cercare intese con chi invece ha valori – ripeto, valori fondanti – altri, profondamente divaricati e divaricanti. Con inesorabili raggruppamenti governativi asfittici nella iniziativa, confusi, contraddittorii, forieri di consensi per populismi vari.

Vorrei ricordare al mio omonimo Carlo Corridoni che quanto sostiene ed auspica in chiusura del suo intervento è in effetti proprio nel DNA, nella ratio costitutiva stessa della nostra Associazione.
La difficoltà, non solo personale ma sistemica, a contemperare le individuali specificità in un atteggiamento collettivo sono state preoccupazione alla base del formarsi della nostra Associazione. “Il progressismo è un concetto organizzatore”, dice Carlo, non una confezione realizzata una volta per tutte. Esattamente così; una conquista da realizzare giorno per giorno, e da rinnovare costantemente, al passo con la storia che cambia, si evolve, si trasforma – oggi a ritmi frenetici.

E noi in questo impegno e in questa battaglia, politica e culturale, ci siamo. Il problema è che noi siamo davvero una piccola goccia nel mare. La massa di gocce costituita dalle classi dirigenti (politiche, culturali, intellettuali ed imprenditoriali) purtroppo non sembra dare segnali positivi in questa direzione.

E pur nel grande apprezzamento per l’intervento, schietto, vivace, accattivante e ricco di contenuti di Matteo Richetti, devo dire che in quell’incontro questa specifica preoccupazione non si è attenuata, anzi si è rinforzata. Il sedersi attorno ad un tavolo (auspicio emerso in sala) per mettere a fuoco ciò che unisce rispetto a ciò che divide non sembra orizzonte prossimo per le forze politiche del cosiddetto progressismo liberal-social-democratico. La frammentazione organizzativa c’è e cresce, a dispetto di quel comune orizzonte di cultura politica che pure dovrebbe indurre ad opportune, ed anche accorte, politiche di convergenza.
E sovranismi, e soprattutto populismi, ringraziano.

Un’ultima cosa, che avrei voluto prospettare al Sen. Richetti se ce ne fosse stato il tempo. Il nostro paese di problemi e di criticità ne ha in grande quantità, e fare una graduatoria appare difficile, banale ed anche errato, perché penso che in larga misura si “tengano” fra di loro: le criticità fanno sistema: loro sì. Compatte ed interdipendenti.
Però a me sembra sempre più asfissiante un deficit che in Italia appare molto più accentuato che in altri paesi, almeno europei. Esiste una quadrangolazione fondamentale per il sistema respiratorio di una società e di un paese/Stato, costituito dal rapporto fra politica, potere giudiziario, media, opinione pubblica. In questa quadrangolazione, credo – per atavica mia formazione – dovrebbe essere la politica (certo quella con la P maiuscola) a governare le relazioni e ad equilibrare rapporti, pulsioni, progetti, funzioni, comportamenti. La politica con la sua carta fondativa di riferimento: la Costituzione ed il bene comune.
Il discredito, la crisi, le responsabilità indubitabili della politica hanno ormai fatto sì che gli altri tre protagonisti della quadrangolazione abbiano preso, ognuno per la propria parte, il sopravvento. E così la politica ha delegato al potere giudiziario il governo del sistema istituzionale ed economico, ai media ed alla opinione pubblica la gestione delle dinamiche culturali che costituiscono la struttura portante di qualunque tessuto sociale.
“Il buon senso c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”, scrive Manzoni nel suo romanzo storico/realistico.

Se la mia impressione è esatta, allora sono guai grossi, oggi e in prospettiva.

Per parafrasare Ennio Flaiano: “E non chiedetemi dove andremo a finire.
Come dite? Ah, già ci siamo !! ”