Intelligenza o furbizia?
di Stefano Minghetti---09-03-2020
Cara Lucia,

grazie per pubblicato quel bellissimo intervento, il cui contenuto è pienamente condivisibile.
Purtroppo temo che, una volta passata l’emergenza, tutto tornerà come prima. Torneremo cioè (se mai le abbiamo abbandonate) alle nostre vecchie abitudini: alla nostra superficialità di giudizio; alla nostra inerzia mentale; alla nostra tendenza a stare sulle generali, senza mai (o quasi) entrare nello specifico di un problema; soprattutto alla nostra mancanza di memoria che ci spinge a vivere in un eterno presente.

D’altronde, i miei timori trovano conferma in quanto è successo in questi ultimi giorni, alla pessima prova che hanno dato le istituzioni con la irresponsabile divulgazione delle bozze del decreto, i mass media che le hanno subito fatte circolare e, last but not least, quei cittadini che hanno assalito i treni in modo disordinato, pensando solo ad andarsene via dalle zone “rosse”, senza pensare alle conseguenze in termini di possibile diffusione del contagio.
Insomma, sembrava quasi di essere tornati all’otto settembre (eterna tara italica) e al “Tutti a casa” di Alberto Sordi.

Tutto questo mi ha fatto tornare alla mente quanto più di settant’anni fa scrisse Paolo Monelli in un suo libro: “Noi italiani amiamo considerarci intelligenti, più intelligenti nei confronti di altri popoli; e questa qualità gli altri popoli non ci contestano, anche se danno all’intelligenza un’importanza minore di quanto gliene diamo noi. Gli inglesi, per esempio, ammettono francamente di non essere intelligenti, clever, considerano l’intelligenza con stupita ammirazione, come cosa che non hanno, ma di cui non sentono il bisogno, magari come una cosa di cui le persone bene educate non si vantano; e pensano che alla potenza, al benessere, alla grandezza di un popolo son necessarie altre virtù che non siano l’esprit dei francesi o il nostro acuto intelletto. Ma il poco uso che ne facciamo ci ha ridotti tali in questi anni di superficialità e di improvvisazione da farci dubitare se invece quella intelligenza che ci siamo sempre attribuita, e che gli altri popoli ci attribuiscono, non sia soltanto una maggior rapidità di comprensione e di percezione dovuta, che so io, al clima o al cibo.”

Confesso che, in momenti come questo, scambierei volentieri un po’ della nostra “intelligenza” o della nostra “rapidità di comprensione” con un po’ del senso di responsabilità e di disciplina di altri popoli. Ma, come tutti sanno, noi siamo “genio e sregolatezza”, o per meglio dire “furbizia e indisciplina”.