Tra i topi vivi e le nostre latitanze: siamo all'altezza di questa crisi?
di Mara Gasbarrone---11-03-2020
Quanto tempo abbiamo perso a commentare la goffa mascherina di Fontana e i topi vivi di Zaja? Maldestri tentativi di comunicazione di questi due Governatori, con meritate messe alla berlina da parte nostra. Meritate ma inutili, o – se non inutili - per lo meno una perdita di tempo rispetto ad altre, più urgenti comunicazioni, che invece latitavano.

Per qualche giorno è mancata un’informazione sulla gravità del pericolo, anche perché uno dei principali e benemeriti “allarmatori” (Burioni) si era prodotto in una frase sprezzante e antifemminista nei confronti di un’improvvida collega, la quale diceva trattarsi di un’influenza o poco più. Ma non importa se il gatto è bianco o nero, se cattura i topi è quello che ci serve, direi io.

Non si doveva lasciare spazio alla psicosi e all’allarmismo, e alla diffidenza razzista nei confronti dei cinesi (dai quali, solo adesso, ci precipitiamo a copiare lezioni sui modi di affrontare l’epidemia). Giusto: personalmente ho continuato, con sprezzo del pericolo, a frequentare di tanto in tanto il parrucchiere cinese dietro casa. Poi sono venuti i giorni del “Milano non si ferma”, all’insegna del dovere prioritario di sostenere l’economia.

A nostra parziale discolpa, il dubbio privilegio di aver dovuto affrontare per primi, nel mondo occidentale, questa crisi epocale. Perché un’altra perversa abitudine, che forse solo adesso si sta dileguando, è il confronto con gli altri paesi, ritenuti a priori più civili. Il nostro costante senso di inferiorità, o di superiorità, che in fondo è lo stesso: il pressappochismo, la cultura, la tradizione, la generosità, l’ingegno italico... E se la smettessimo di ritenerci “speciali”? Ci stiamo accorgendo di non avere più contagi degli altri, ma di averli dovuti affrontare con una settimana di anticipo, perché anche loro, con qualche ritardo temporale, si sono incamminati sulla stessa strada.

Finalmente ci siamo convinti della centralità del Servizio sanitario nazionale (attendiamo al varco gli statunitensi di Trump). Addirittura dovremmo ripensare la sanità come una branca della sicurezza nazionale: ci siamo accorti che dipendiamo dalla Cina per le mascherine, dall’India per i farmaci, e da non so chi per i respiratori, constatando che molti paesi produttori ne vietano le esportazioni, preferendo tutelare i connazionali. I limiti del mercato…
Per oggi basta così, mi pare che ne abbiamo abbastanza.