ISCRITTI A PARLARE
di Carlo Mari---15-05-2020
Una riflessione personale sulla nostra Associazione, come Presidente, come singolo socio, come socio fondatore, mi sembra giusto esprimerla. Credo possa essere sempre utile riflettere, con il desiderio costruttivo, ma anche doveroso, di contribuire a profilare quel che siamo, quel che facciamo, quel che vogliamo.

“Iscritti a parlare” è una Associazione culturale. Come tale nel suo DNA c’è l’approccio alla realtà - in tutte le sue facce e dimensioni - con il metodo e l’intenzione della analisi, dello studio, della comprensione, dell’approfondimento. Attraverso l’indagine oggettiva delle cose e l’interscambio di idee, informazioni, riflessioni, punti di vista tra le persone che alla associazione si iscrivono, ma anche di altri che con i soci vogliano confrontarsi e dialogare. Il tutto con l’ausilio sia delle competenze professionali e culturali interne sia con quello di esperti esterni, qualificati per il loro impegno politico, sindacale, culturale o professionale.

In questo senso il nome che abbiamo scelto è già tutto un programma e dice tutto. Parlare, tutti, liberamente e senza vincoli di appartenenze o sottoappartenenze organizzate, confrontarsi, capire attraverso lo strumento della parola che apre agli altri, e chiarisce a se stessi.

Tutto questo, come si dice nella nostra Roma, “è tanta roba”. Non è socialità puramente dopolavorista, né autoreferenziale, individuale e di gruppo. E’ vita, è cittadinanza, è umanità, che si esercita nella voglia di capire - e di capire al meglio possibile - il reale. Per essere cittadini consapevoli, quindi soggetti politici intellettualmente liberi e critici, e ancor più per essere persone nella pienezza del termine e del concetto.
Per questo nasce una associazione culturale. Per questo siamo nati noi.

Non siamo dunque un gruppo, una organizzazione di “azione politica”. Di politica ci occupiamo nel quadro dello scenario intellettuale sopra descritto.
Dopodiché naturalmente una associazione può coltivare anche ambizioni di sperimentare oltre il proprio profilo e DNA. Ad esempio uscendo al di là dei propri confini con idee, proposte, documenti, adesioni ad iniziative. Cosa che abbiamo anche fatto, ad esempio in occasioni molto concrete come il referendum sui mezzi pubblici e l’ATAC a Roma. E le vicende romane prossime venture ci forniranno sicuramente occasioni di azione: anche forte. Oppure abbiamo aderito ufficialmente a manifestazioni pubbliche “valoriali” (come la difesa dei Curdi o la cultura della donna) ed anche dichiaratamente partitiche laddove le condividevamo come Associazione.

Ma in quanto tale la caratteristica, il pregio, il vanto della Associazione è di essere plurale, ampiamente e liberamente dialettica al proprio interno, pur avendo posto delle coordinate di riferimento (molto a maglie larghe, ma non negoziabili), che di fatto costituiscono il nostro Statuto fondativo: il valore della democrazia e delle istituzioni liberaldemocratiche classiche occidentali, nate dalla Rivoluzione americana e dalla Rivoluzione francese; la convinzione nello Stato di diritto; il rispetto della persona - sempre -; l’equità sociale e di genere; l’europeismo.

Il livello convincente, ed utile, dei dibattiti e confronti associativi appare confortato dalla partecipazione, assidua e significativa numericamente, sia agli eventi pubblici con relatori esterni, sia agli incontri di routine settimanali, tra soli soci. Ed anche la crescita, non travolgente ma costante, delle adesioni con nuove iscrizioni conferma lo scenario e conforta in direzione del coinvolgimento (nostra aspirazione non banale e non marginale) di una platea sempre più ampia. E numericamente non del tutto irrilevante se ci aggiungiamo i fruitori della news letter (anche non iscritti) e dei lettori del sito web. A proposito del quale va ricordato che si tratta di una sede pubblica, che gira a tutto campo in rete e che viene approcciata anche da persone estranee alla Associazione. Tutto questo va sottolineato a conforto della idea che quanto andiamo analizzando, dibattendo ed approfondendo non è che poi resti in assoluto chiuso nella camera oscura del piccolo teatro nostra sede operativa.

Sulla qualità dei dibattiti fra soci (con o senza esperti) possiamo anche esprimere un confortante giudizio di valore, considerato che sovente ritroviamo, in successivi dibattiti pubblici e/o mediatici idee e analisi coincidenti con quelle autonomamente e meritoriamente elaborate dai nostri soci. Ma in un clima ben lungi da quello gridato – e sovente manipolato o manipolatorio – dei talk show di varia matrice e programmazione (dalla RAI a La7, da Mediaset a Sky).
Probabilmente questa legittima crescente autostima è ragione non ultima per chi fra noi sollecita una uscita della Associazione dai propri confini. Stimolante autostima da una parte, e timore di sterilità autoreferenziale dall’altra. Che però, come detto all’inizio, è timore che andrebbe superato, a meno che non si pensi che la propria - la nostra - crescita individuale e di gruppo non sia un fatto sociale e di cittadinanza, ma inutile esercizio egocentrico.

Ora, una Associazione peraltro nata da poco verifica le proprie risorse e potenzialità e assesta in itinere le proprie attività ed il proprio profilo; senza fughe in avanti e senza snaturare la propria ragion d’essere. Che è appunto quella già descritta, di associazione culturale. Uscite pubbliche con documenti, lettere, proposte, assunzione di posizioni ecc. vanno certo prese in considerazione, calibrate ed affrontate, non facendone però la propria finalità fondante. Si rischierebbe un prezzo altissimo da pagare: far diventare la Associazione altra da sé, cioè negare se stessa. Infatti documenti o proposte chiare ed univoche con cui entrare nel dibattito pubblico e nelle dinamiche politiche attive ed operative richiederebbero sintesi adeguate e condivise, non facilmente realizzabili (per non dire sovente impossibili) laddove la Associazione al contrario si nutre proprio di confronto fra diversità di punti di vista, di idee e di sensibilità.

Scenario variegato che non è un limite, ma esattamente l’opposto: una ricchezza. Irrinunciabile.

Pena appunto il far diventare la Associazione altra da sé. In due anni e mezzo di vita non c’è mai stato un solo problema, una vicenda, un evento sul quale il dibattito associativo abbia evidenziato monolitismo di impostazione, di approccio, di giudizi. Anzi, tutt’altro (pur dentro le coordinate valoriali di riferimento). Nel caso della lettera proposta da Alberto Galanti non riuscimmo affatto a inviarla, per le diversità di taglio che emersero tra tutti noi. Non la inviammo. Penso lo si ricorderà!

Ma di tutto questo abbiamo sempre portato vanto e fatto tesoro. Perché è la chiave che apre le porte del nostro DNA: approfondire, confrontarsi, capire.
Ovviamente tutto ciò rende difficilmente sintetizzabile “UNA” posizione o “UNA” proposta come Associazione. Non impossibile. Ma molto difficile e tendenzialmente poco frequente.

Altrimenti per rendere praticabile e frequente una nostra funzione di gruppo di azione politica una strada sicura ci sarebbe: per carità, perfettamente democratica, ma FUORI PROFILO. Portare avanti all’esterno nel dibattito pubblico la posizione o proposta che raccolga i consensi della maggioranza dei soci. Cioè far nascere in Associazione una maggioranza e la/le minoranza/e. Ma allora saremmo di fatto un partito; o un movimento politico. Con tutte le conseguenti dinamiche, e le conseguenti esigenze di acquisire ”peso”, di ruolo e persino finanziario. E dunque saremmo di fronte ad altra cosa. Degnissima, ci mancherebbe; e che noi tutti amiamo. Partiti e movimenti politici sono sale della democrazia politica.

Ma una associazione culturale è un’altra cosa: e non è un limite.
Le associazioni culturali sono sale della “socialità” democratica e del suo umanesimo, sale della cittadinanza consapevole, sale della persona. La persona che persegue – sovra ogni cosa - in qualunque dinamica, pubblica e privata, il rispetto degli altri e il rispetto di sé.