A Roma nel 2021 dovremo scegliere: scatto d'orgoglio o rassegnazione
di Alberto Galanti---21-10-2020
Nel nostro recente incontro 'Quale futuro per Roma?', sono intervenuto per sottolineare tre grandi ostacoli da affrontare e superare se vogliamo davvero che Roma ritorni gradualmente ad assumere l'aspetto dignitoso di una Capitale Europea ben amministrata, ricettiva, consapevole della straordinaria ricchezza del suo patrimonio artistico e orgogliosa della sua storia. Noi cittadini di Roma, senza uno scatto d'orgoglio, arriveremo a considerare il degrado in cui versa la città alla stregua di una malattia degenerativa ineluttabile. Se escludiamo qualche diffusa e 'pittoresca' imprecazione dei singoli quando incappano nell'inefficienza cronica di vigili urbani e impiegati comunali, il sentimento popolare prevalente sembra già da tempo essere una rassegnazione apatica quando non accidiosa. E solo un personale politico locale, trasversalmente gretto e cialtrone, può pensare di tirare avanti così ancora a lungo i suoi maneggi di sottogoverno. È questo il primo grande ostacolo da scavalcare (non c’è tempo per rimuoverlo in pochi mesi) per poter riuscire nell'impresa. Da giovane ricordo che mi fece una enorme impressione sentire che, prima di riuscire a chiudere il mattatoio vecchio di Testaccio, bisognava fare una massiccia opera di derattizzazione sotto di esso per impedire che orde enormi di famelici roditori finissero per invadere la città.
Lungi da me l'idea di 'derattizzare' il sottogoverno romano con le sue pluriennali ed esiziali rendite di posizione. Voglio solo dire, metaforicamente, che la sua fame rabbiosa potrebbe scatenare ricattatorie reazioni contro la città e che, operando risolutamente, un sindaco 'come si deve', dovrà fronteggiarle e batterle confidando nel pieno sostegno dei cittadini.
Un modo di operare risolutamente, vengo adesso al secondo grave ostacolo, è riuscire a battere la diffusa e immotivata riluttanza a mettere a gara la gestione di servizi vitali come, ad esempio, ATAC e AMA. L'amministrazione comunale manterrebbe il controllo sulla qualità dei servizi erogati senza più doversi occupare dalla gestione operativa che fino ad oggi ha prodotto solo disservizi, camarille ed enormi voragini di deficit. Nessuna forza politica nazionale, credo, vorrà continuare a far pagare agli italiani quei debiti di Roma che sono causati dal malgoverno cittadino.
Terzo e ultimo ostacolo. La faccio breve: l'architettura istituzionale della Capitale non può continuare ad essere simile a quelle di comuni con poche decine di migliaia di abitanti. Mettere 'Roma' nell'elenco delle Regioni contenuto nella Carta non è certo una complessa riforma costituzionale. Quale forza politica può essere contraria a fare di Roma una città-regione come Parigi, Berlino e altre. Con i suoi tre milioni di abitanti supera ben undici regioni italiane. Il numero di abitanti del VII municipio è pari a quello della Regione Molise e il VI e il V ne hanno solo un po’ meno. Il municipio con meno abitanti, l'VIII, è più grande della Regione Val d'Aosta. Il passo ulteriore non può che essere quello di aumentare adeguatamente l'autonomia municipale.
Io chiedo di sapere dai candidati sindaci cosa intendono fare. Considero le primarie uno strumento usurato, demagogico e populista. Una scorciatoia presa da coalizioni eterogenee che, per litigare meno, fanno in modo che poi siano le loro truppe cammellate a conquistare il terreno da spartirsi. Non voglio partecipare a primarie da cui potrebbe risultare vincitore un candidato che non voterei mai. Siano i partiti o le coalizioni a scegliere bene i loro candidati indicando ai cittadini 'quale candidato sindaco votare, con quale programma, per quale Capitale'. Devo dire che aspetto con interesse la 'Leopolda Romana' che Italia Viva sta organizzando.
A me piace tanto Calenda, lo stimo e lo voterei molto volentieri. È intellettualmente onesto, molto competente e studia bene i dossier prima di aprire bocca. Ma quello che ho appena scritto vale anche per lui e, in proposito, vorrei sapere se ha intenzione di farlo. Spero anche che si renda conto di un pericolo grave. Ci vuole un attimo a diventare, per serietà e bravura, un corpo estraneo trapiantato in questo corpaccione romano istrionico e incompetente, facile a crisi di rigetto. Avrà bisogno di un larghissimo consenso attivo dei cittadini, soprattutto delle periferie. Dovrà conquistarli convincendoli, anche nella loro pressante e non più eludibile richiesta di ordine e sicurezza.
Concludo però scrivendo che dissento decisamente dal giudizio negativo di Calenda e Bonino sull’alleanza anomala di governo creatasi dopo l'uscita di Salvini. È stata una scelta politica che ho sempre considerato rischiosa ma lucidissima e più che opportuna. I risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti. I problemi attuali del governo, Covid a parte, sono il frutto della crisi identitaria dei grilloti. Il 4 marzo 2018, il 32% dei votanti, molti dei quali per sfregio, li mandò in Parlamento e al momento sono troppi per farne a meno. Dobbiamo tutti noi sperare che migliorino gli Stati Generali della loro precaria condizione mentale.