Kamala Harris è la prima, ma non sarà l’ultima
di Mara Gasbarrone---09-11-2020
E non è neanche la prima, a ben vedere. Prima di lei ci avevano provato Gerardine Ferraro, Hillary Clinton, anche Sarah Palin. Niente nasce dal nulla, c’è un filo che va visto, riconosciuto e mostrato.

Per questo noi donne femministe insistiamo tanto sul fatto che tutte le strade hanno nomi maschili, che le bambine hanno solo graziosi giocattoli rosa con cui trastullarsi, che solo i padri possano trasmettere ai figli e alle figlie il loro cognome, che tutti trovino “naturale” (spesso a partire dalle dirette interessate) che in lingua italiana sindache e ministre vengano nominate come se fossero uomini e non “Kanzlerin” o “Presidenta”, come succede in altre lingue. Poi non sorprende che Mattarella, Conte e Zingaretti abbiano mandato le congratulazioni solo a Biden e non anche ad Harris, al contrario di Merkel, Johnson, Macron, von der Leyen.

Per quanto riguarda il nostro Paese, aspetto ancora il giorno in cui anche donne figurino fra le “riserve della Repubblica” e non solo fra le meteore scomparse, dopo aver brillato una breve stagione, o fra i nomi di ministri candidati a un probabile rimpasto (solo ministre: ma come le avete scelte, ammesso che solo loro abbiano fallito?). Dopotutto Merkel governa la Germania dal 2005, Nancy Pelosi siede alla Camera Usa da oltre 30 anni, ma quando in Italia qualcuno propose di “rottamare” vecchi governanti, i primi nomi su cui ci si accanì furono Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Livia Turco. Quante donne sono state nominate per riempire la casella “donna”, e non perché nel tempo avevano accumulato competenze e meriti? Ce ne sono tante, invisibili come sempre.