Che cosa ne sarà del Myanmar?
di Rosy Ciardullo---08-04-2021
E' impressionante la reazione del popolo del Myanmar dopo il golpe del 1° febbraio di quest'anno. Solo chi ha conosciuto e stratificato nel cuore e nella mente gli aneliti di libertà può fare questo. Qualcosa che adesso possono perdere e a cui nessuno vuole rinunciare. Perchè non possono. Il dissenso diventa un obbligo.
Aung San Suu Kyi ha il merito di aver traghettato il paese verso la modernità e di aver innescato un processo di pace e libertà che forse sarà completamente stroncato ma che ha creato un vortice emotivo e sviluppato un'idea di libertà che tornerà alla luce, in futuro, appena possibile.

E' una situazione inedita in quel quadrante asiatico, considerati i confini, poiché la Birmania è schiacciata in un'area geopolitica difficile con a nord Cina e India e a sud Thailandia e Laos.
Una vera tragedia nel cuore dell'Asia. Sono già quasi 600 i manifestanti che hanno perso la vita durante le manifestazioni, in massima parte giovani di cui quasi 50 bambini. A questo si aggiungono i bombardamenti del 27 e 28 marzo, nel Kayn, che hanno provocato vittime e circa 10000 sfollati in cammino verso la Thailandia.

La società civile, in particolare la popolazione delle grandi città, ha imparato ad essere protagonista e artefice del proprio destino. Nessuno vuole tornare indietro. Non ne hanno motivo le nuove generazioni , organizzate in movimenti spontanei ,giovanili e democratici, e pronti a convivere con tutte le minoranze etniche del paese, perfino con i Rohingya, minoranza musulmana presente nel paese. Non possono le donne, moltissime in prima linea, perché temono il ritorno del patriarcato identificato nei generali. Che hanno messo da parte una leader civile donna, un'azione ritenuta un vulnus nel percorso femminile verso i diritti, e ristabilito quell'oppressione patita da sempre. Le più spericolate ma anche più esposte alla violenza sono le giovanissime che hanno maturato le loro convinzioni durante la democrazia. Sono presenti nelle rappresentanze sindacali, universitarie, nell'industria e nella sanità.
Non vogliono tornare indietro i lavoratori che rischiano di perdere i diritti sindacali acquisiti e i benefici delle riforme. E soprattutto non possono tornare indietro neanche i tantissimi disertori di polizia ed esercito che aspettano di confluire in un “esercito federale”nazionale , che comprenda anche esponenti delle varie etnie, una volta sconfitti i golpisti. Molti appartenenti alle diverse etnie, nonostante provengano da antiche frange armate indipendentiste, hanno imparato ad apprezzare la convivenza civile e il superamento delle differenze grazie all'opera politica di Aung San Suu Kye. Sarebbe stato impossibile governare il Myanmar senza costruire un substrato comune tra le varie etnie che in gran parte avevano deposto le armi.

Dopo il colpo di stato del 1°febbraio da parte dei generali birmani, Aung San Suu Kyi è in isolamento per corruzione ed incitamento al disordine pubblico.

Probabilmente, la leader birmana, nonostante la sua abilità politica , non aveva tenuto conto che le nuove generazioni e la società tutta intera , erano approdati ad un progetto democratico anche più potente del suo. Si erano abituati alla convivenza civile e godevano dei benefici di un sistema democratico ormai avviato, a partire dall'accesso ad internet (al momento sostituito dalla messaggistica), adesso bloccato dai generali per motivi di sicurezza e stabilità interna.

La possibile soluzione poteva passare dalla condivisione delle strategie di governo con la parte più motivata della società birmana e con le diverse etnie che avrebbe potuto forse rafforzare la sua posizione e insieme salvare probabilmente la democrazia.

Invece, i generali, il 25% del Parlamento, hanno approfittato di un lungo periodo di incertezza e di indecisione politica sulla questione delle alleanze interne, un gap tra il vecchio e il nuovo, e sostenuti dalla Cina , hanno rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi.

Oltre un centinaio di Ong, rivolgendosi alla comunità internazionale, hanno chiesto l'embargo delle armi nel Myanmar mentre Europa, Inghilterra e America premono per attribuire sanzioni direttamente agli esponenti militari dell'esercito responsabili degli eccidi.
L'ONU ha espresso dissenso e forte preoccupazione ma non potrà innescare un conflitto nell'area di influenza di Cina , Russia e India.
Troppo importante è la via della seta per i traffici internazionali e i giacimenti di gas in territorio birmano.