Un po' più di rispetto, per favore.
di Alberto Galanti---30-04-2021
Cesare Beccaria nel 1764, oltre 250 anni fa, sosteneva nel suo 'Dei delitti e delle pene' che la sanzione deve essere idonea e sicura a garantire la difesa sociale e rispettosa della persona umana:
'Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Può egli in un corpo politico, che, ben lungi di agire per passione, è il tranquillo moderatore delle passioni particolari, può egli albergare questa inutile crudeltà stromento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni? Le strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già consumate? Il fine dunque non è altro che d'impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle pene dunque e quel metodo d'infliggerle deve esser prescelto che, serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli uomini, e la meno tormentosa sul corpo del reo.'

e, più avanti,

'Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio'.

Devo confessare che non mi è facile interiorizzare la civiltà giuridica alla base delle affermazioni dell'illustre illuminista italiano (Giorgio Gaber cantava 'Un'idea, un concetto, un'idea / finché resta un'idea è soltanto un'astrazione / Se potessi mangiare un'idea / avrei fatto la mia rivoluzione').
La distinzione viscerale che influenza il mio cervello facendomi distinguere un omicida da un aguzzino (tipo quelli della Gestapo per intenderci) mi impedisce di interiorizzare il rifiuto della pena di morte che, nel secondo caso, comminerei personalmente senza sentirne piacere ma senza alcuna esitazione.

Quindi sono contento di non fare il giudice e sono fiero che sia l'Italia il luogo dove tala civiltà sia stata concepita.

Fatta questa sincera e doverosa confessione vorrei dire la mia su come di tali principi si sia perso il concetto irrinunciabile di sanzione 'idonea e sicura a garantire la difesa sociale'.

I commenti dubbiosi sull'opportunità della 'retata di terroristi italiani in Francia' e l'affermazione di Adriano Sofri 'Bravi! E adesso che ve ne fate', mi fanno capire che ancora una volta viene messo sotto i piedi il rispetto non solo delle vittime di terrorismo ma anche di quei tantissimi cittadini italiani (con i comunisti in prima linea) che fecero argine fisico e politico al terrorismo degli anni di piombo a fianco dello Stato e contro l'eversione di ogni colore.

E allora devo essere ancora più sincero: se questa retata non porterà un po' di giustizia (anche se con intollerabile ritardo) come faccio a non sentirmi nel giusto quando penso che questo 'problema' avrebbero dovuto risolverlo 'definitivamente' i servizi segreti italiani se, all'epoca, non fossero stati deviati e collusi con le bande terroriste?