Ma cosa possono fare gli uomini ?
di Mara Gasbarrone---13-05-2021
Anzitutto, cosa significa lottare contro la violenza di genere? Penso che portare il focus principalmente sui femminicidi, può deresponsabilizzare la generalità degli uomini e anche le donne. E' immediato per un uomo pensare 'ma io non arriverei mai ad uccidere' e per una donna 'ma io non accetterei mai di avere rapporti con un violento'. Quindi non riguarda me, al massimo 'gli altri' e 'le altre'.

Forse dobbiamo insistere di più sulle 'premesse' dei femminicidi: le violenze, le molestie, l'innocente (?) cat-calling. 

Se milioni di donne, una su tre, se ben ricordo - secondo l'Istat - ammettono di essere state molestate, se ciascuna di noi ha ben impresso nella mente, a decenni di distanza, il momento in cui ha ricevuto un'attenzione 'pesante' e non voluta, devono esserci state per forza delle conseguenze nella percezione di sé di noi ragazze e poi donne, nell'insicurezza che ci ha assediato in tante circostanze della vita, nella difficoltà ad avere relazioni distese, serene, con gli uomini che abbiamo incontrato e anche amato nel corso della vita, nel senso di inadeguatezza che abbiamo provato davanti a un capo maschio, nella difficoltà a chiedere una legittima promozione, un aumento di stipendio.

Ecco, non mi convincono molto le manifestazioni degli uomini con le scarpe rosse, però altre cose loro potrebbero farle, banali ma concrete, che possono cambiare qualche cosa intorno a noi. Elenco qui quattro cose concrete che mi sono venute in mente. Chi vuole, può aggiungere.

1. Contro la manomorta sul bus, anziché girarsi dall'altra parte, un qualsiasi distinto signore potrebbe chiedere gentilmente alla poveretta se per caso preferisce fare a cambio di posto (io provvedevo autonomamente infilando il tacco sopra la scarpa dello scocciatore, e cercando di fargli male, più male possibile).

2. Le relazioni informali sul lavoro, le reti di amici che finiscono per scambiarsi le informazioni che contano e per decidere / cooptare chi veramente eserciterà il potere, dalle due chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè alle colazioni d'affari, alle cene di lavoro ecc. non dovrebbero essere più 'gender biased': agli 'old boys' bisognerebbe affiancare le old girls, o meglio ancora fare gruppi misti.

3. I contratti interni alla famiglia, nelle coppie, risentono ancora del modello di divisione del lavoro fra uomo bread winner e donna caregiver : il reddito femminile difficilmente supera il 40% del reddito della coppia. Le donne che abbandonano il lavoro dopo la nascita di un figlio (erano il 25% prima della pandemia) lo fanno perché 'non ci sono i nonni' (che poi è la nonna, di solito), non solo perché non si trovava posto al nido. Contrastare la femminilizzazione della cura non serve solo a dare 'il buon esempio' ai bambini piccoli, ma aiuta il benessere emotivo dei bambini e delle bambine, perché ricevere cure e tenerezza da un papà dà loro più sicurezza e senso di auto-accettazione: non si relazionano più con un super io giudicante, per adottare poi loro stessi il modello giudicante da adulti.

4. Passando a livelli più alti, i signori uomini invitati ai cosiddetti 'manel', cioè  i panel, le tavole rotonde di soli uomini, potrebbero astenersi. Ha cominciato il ministro Provenzano, oggi Gianni Riotta ha fatto lo stesso. Auspico una proliferazione di obiettori.

5. E per finire, anche se in questo contesto può sembrare strano, spero che il prossimo consiglio direttivo della nostra Associazione, quando arriverà il momento di eleggerlo, non sia formato da 6 donne e 1 uomo, ma veda un ragionevole equilibrio di genere. Perché il contesto macro (patriarcale, vogliamo dirlo?) forza necessariamente la lettura di qualsiasi ambito micro, come può essere la nostra Associazione.