Il mio ricordo (anche personale) di Gino Strada
di Marina Izzo---14-08-2021
È difficile parlare di un personaggio immenso senza rischiare di cadere nella retorica, che, spesso, fa rima (suo malgrado) con banalità. Per questo, come suggeritomi dalla mia amica Rosy, vorrei ricordare Gino Strada ricorrendo a un aneddoto della mia vita personale. Premetto che Strada, insieme ad altre figure (prima fra tutti, il mio padre spirituale di allora e, in parte, anche di oggi, don Pierluigi Di Piazza) fa parte del pantheon della mia giovinezza. È stato una di quelle persone che mi hanno ispirato, con il loro esempio e messaggio. Al punto che oggi posso affermare, senza esitazione, che la scelta del mio attuale percorso professionale (cooperazione allo sviluppo) non sarebbe mai avvenuta senza di loro. Avevo conosciuto Strada come la maggior parte delle persone: attraverso i suoi libri. Reportage crudi e duri, cronache di realtà che noi non possiamo neanche immaginare. Poi, attraverso i suoi messaggi: netti e forti, contrari alla guerra (“senza se e senza ma”, come recitava uno slogan pacifista della mia giovinezza). Sì, perché, è importante ricordarlo, Gino Strada non era un uomo neutrale nelle sue posizioni (qualcosa che i suoi nuovi apologeti sembrano, alle volte, scordare). Per lui, la guerra non era accettabile, mai. Per lui la sanità e l’istruzione dovevano essere pubbliche. Punto. Bene, come dicevo, lo avevo conosciuto inizialmente come la maggior parte delle persone, vale a dire indirettamente. Poi, nell’estate del 2003, ho deciso (sempre grazie all’ispirazione di Don Di Piazza) di partire tre settimane per un viaggio di volontariato in Brasile (Lula era stato appena eletto). Era la mia prima esperienza in un paese che aveva al suo interno sacche di povertà estrema, inimmaginabili per un europeo (nemmeno allora si poteva definire il Brasile un PVS, perché era stato da poco inserito nella lista dei paesi emergenti, i cosiddetti BRICs). Fui ospite di due comunità cristiane di base, una a Goiania e una a San Paolo, insieme ad altri ragazzi, coetanei o poco più giovani di me. Dal momento che San Paolo era una città molto pericolosa all’epoca, la sera dormivamo in un piccolo convento a Mogi das Cruzes. E qui, una sera, furono ospitati anche Gino Strada e sua moglie Teresa. Erano in Brasile per costruire un ospedale, specificamente nel Maranhão . Gino era seduto proprio vicino a me. Ma io ero così emozionata che non riuscivo a spiccicare parola. La cosa che mi colpì di più era la sua estrema semplicità, unita a una forza e a un`energia incredibili. Sua moglie Teresa, poi, era di una dolcezza infinita con noi ragazzi. Si parlò di molte cose. Ma una mi rimase maggiormente impressa rispetto ad altre. Uno degli attivisti brasiliani che erano con noi, gli chiese: “Ma in tutta questa situazione complessa, la sinistra, in Italia, che dice?”. E lui rispose: “Sinistra? Non conosco questa parola”. Era il 2003. Due anni dopo il G8 di Genova, aggiungo io. Ma questa è un’altra storia.