Mi notano di più se scrivo o se non scrivo?
di Carlo Corridoni---28-01-2022
Attribuisco per un momento al Prof. Ernesto Galli Della Loggia il dubbio morettiano se partecipare o non partecipare ad un determinato evento.
Parlano della Scuola, fanno casino? E io? Che fò, dico la mia? o non la dico?
La dico. La dico!
Il fatto è che una quantità di intellettuali (professionisti dell'intellettualizzazione di problemi comuni e speciali, ma pure di non problemi) vivono di notorietà: sono convinti che migliaia di persone non sono tranquille se non ascoltano quasi quotidianamente il loro parere su tutto.
Sono denominati 'opinion maker' con esplicito riferimento al fare, come se le opinioni si potessero anche fabbricare, come i normali prodotti dell'induzione pubblicitaria.
Non sono sicuro che costoro siano tutti convinti in buona fede, certamente hanno interesse perché devono alla loro notorietà la propria dimensione sociale, la consistenza patrimoniale, fino alle oscure individuali ragioni dell'esistenza, anzi dell'essere.
Per conto mio, di dubbi, ne ho sempre tali e tanti che quelli che essi mi potrebbero aggiungere sono proprio ben poca cosa, sia in confronto alle mie incertezze, sia per l'inconsistenza palese delle loro argomentazioni. Pertanto, esimetemi dal ringraziarli.
Il guaio è che parlano bene, e a platee che essi stessi hanno ben addestrato, coltivandole ad assumere i loro medesimi pensosi atteggiamenti, sicché bisogna pure rispondere ai flatus vocis che emettono.
La Scuola è un elemento decisivo per la formazione della cittadinanza, sia intesa quale comunità di cittadini, sia come cultura del vivere associati in un sistema condiviso di diritti e di doveri:

tanto decisiva che occorre dibattervi di tutto. Di tutto!

Perfino e soprattutto (!) della zizzania che questi personaggi spandono sulle menti scolasticamente dissodate di studenti, genitori e insegnanti.
Gli studenti occupano le scuole contro la formazione, contro la didattica delle competenze, contro i due terzi di quel Sapere Saper fare Saper essere che - nella sua disarmante genericità - sembrava pure aver messo tuttimapropriotutti d'accordo.
E adesso, chi glielo va a dire nelle Assemblee studentesche che a scuola non si può studiare in astratto? Che non si può studiare contro e basta, senza porre - prima - il problema che s'intende risolvere? Che per diventare classe dirigente del Paese qualche cosa bisognerà pure imparare a farla?
Come costringere le Parti datoriali a formulare finalmente una credibile domanda di Istruzione?
Mi ricordo tanti movimenti studenteschi, da insegnante, prima i collettivi e poi la Pantera e non ho mai abbandonato i giovani alle parole d'ordine. E adesso le Sardine, la Lupa ...
Ritenevo di non doverli illudere, gli studenti, anche perché insegnavo discipline tecnologiche a fasce socialmente deboli, che da quei saperi potevano partire senza temere disillusioni. Ricordo a certi 'intellettuali' che di Meccanica, mettano, si parla anche in Italiano e che ci si esprime anche attraverso espressioni aritmetiche, in Matematica. Non 'matematichese'.
Allora: sotto Professore! Ci faccia le Sue domande - ma precise, e noi pazientemente Le risponderemo subito.
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