Paura per quel ciuffo di capelli fuori dal velo
di Rosy Ciardullo---27-09-2022
Alcuni decenni fa, nelle discussioni politiche, si diceva che portare il velo (nelle sue varianti) era legittimo e doveva essere garantito per una questione identitaria. Le donne di prima e seconda generazione hanno puntellato così, per loro stessa ammissione, le loro radici mantenendo usi e costumi tradizionali. Ma non ricordo nessuna revisione critica sull’argomento e neanche il significato di quell’oggetto. Nel velo era stata nascosta la donna e stabilito il suo recinto, delle sue aspirazioni neanche l’ombra. Ebbene, mi pare che quelle donne islamiche, che si schierarono contro se stesse, rivendicando il diritto di portare il velo, abbiano dato una bella mano al destino di queste millenials iraniane, afgane o turche che adesso si espongono ad ogni violenza fino alla morte, per scardinare credenze e abitudini millenarie abbiette e disumane, coccolate e sancite dalle tradizioni religiose. La misoginia è il principio fondativo dell’Islam e non solo, è l’impostazione di fondo degli assetti sociali e familiari che garantisce che tutte le attività umane siano costruite sul bisogno maschile. E’ un patto tra uomini, patriarcale. Desueto, ma ancora non scalfito culturalmente nel mondo. Qualcuno ha stabilito, intenzionalmente, che per garantire il suo ordine è necessario che la componente femminile viva in modo defilato. E possibilmente senza diritti e in libertà vigilata. Una regola che si è affermata in ogni latitudine a vari livelli ma che ormai è contestata ovunque.
In Iran è bastata una scintilla per accendere la miccia.
E non è la prima volta che accade nei paesi maghrebini e medio-orientali. Era veramente strano che tanta deprivazione e una massiccia carenza di libertà, non dovesse prima o poi esplodere con pesanti conseguenze nella popolazione. Ogni donna sa che il destino di Mahsa Amini o di Hadith Najafi, le due giovanissime – simbolo uccise, delle rivolte iraniane, può toccare a lei o a sua figlia. Sono quindi episodi contagiosi, soprattutto in paesi dove la popolazione giovanile è numerosa e l’energia è tanta. Sono fatti che possono creare crepe nel regime degli ayatollah. Le donne stanno facendo da volano a situazioni insostenibili trascinando con sé anche pezzi di società che non vogliono più sostenere regimi medievali e imperialismi ideologici.
Sono le pioniere di trasformazioni importanti e significative.

C’è uno schema che non fa che ripetersi, verificato storicamente.
Dopo la fine di sistemi dispotici sanguinari (in Iran, lo Scià Reza Pahlavi fece l’errore di non coinvolgere le forze democratiche nel processo di modernizzazione, anzi le perseguitò) , anche monarchie, oppure il ritiro di forze occupanti colonizzatrici (la Francia, in Algeria), che hanno esercitato il dominio in modo coercitivo e drammaticamente ingiusto, i popoli ritrovano, per un momento, il senso di sé lasciandosi condurre da personaggi (ad esempio, Khomeini), o gruppi di potere che promettono uno sviluppo rispettoso dei loro diritti, pace e libertà. E un ritorno rassicurante alle tradizioni. Ma aspettarsi un percorso di modernizzazione è stato sempre un grave errore, impossibile da realizzare da parte di soggetti politici con lo sguardo volto all’indietro. Sarebbe un vero salto nel buio e quindi fuori dalla loro portata culturale. Queste formazioni già organizzate (la Fratellanza Musulmana, gli ayatollah , i talebani) presenti già prima, agiscono nell’ombra, e appena si crea un vuoto di potere, escono allo scoperto per sostituirsi immediatamente al precedente regime. Seguono: irrigidimento sulle proprie posizioni e chiusura netta ad ogni richiesta di libertà e di modernità, controllo sociale spietato e perdita di ogni libertà personale. Alla donna è riservato sempre un pacchetto speciale di riforme restrittive che le ricaccia in riti e tristi comportamenti per confinarle in un lontano Medioevo.
In particolare, in Algeria, alla fine degli Anni ’90 , quando andarono al potere i Fratelli Musulmani, dopo che la Francia lasciò il paese dopo un lungo e sanguinoso periodo di colonizzazione, circa trentamila donne furono uccise; in Afganistan, appena gli americani hanno lasciato il campo (dove anche le bambine vengono vendute in matrimonio) è stata rafforzata la sharia. In Turchia i femminicidi aumentano in modo esponenziale e, sicuramente, quello che sta succedendo in Iran risuonerà per le giovani turche come un potente invito a fare altrettanto.
Ovunque, nei paesi islamici, le ultime generazioni di donne oppongono il corpo, il prezzo della propria vita, come strumento rivoluzionario per accedere al diritto di esistere.

Ringrazio Alberto per il suo sferzante intervento a favore delle donne e per generare reazioni. Ricordo però che, nelle società occidentali, le contraddizioni sociali e le differenze dei livelli di emancipazione sono enormi. Non sempre a livello generale si intravede la consapevolezza del camino ancora da fare, né tanto meno l’unità di obiettivi. Vedo piuttosto un desolante atteggiamento di rinuncia come rassicurante ripiego nel proprio spazio. Almeno per il momento!
Ad esempio, vediamo che tipo di mobilitazione si riuscirà a mettere in campo, con la destra al governo, per difendere almeno la Legge 194. Per gli altri diritti: LGBT e jus scholae, intravedo solo un momentaneo black out totale.