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Non in mio nome
di Alberto Galanti---06-06-2025 | |
Oltre sei anni or sono, in uno dei miei interventi pubblicati in questo sito, dal titolo 'Chiedo scusa a Mohammad Reza Pahlavi (17 gennaio 2019)', confessai l'insopportabile vergogna che ancora provo per aver partecipato da trentenne ignorante e pecorone (ce n'erano anche allora purtroppo) alla manifestazione indetta a Roma nel 1978 dal P.C.I. e da altri settori della 'sinistra' a sostegno dei rivoltosi islamici, guidati dall'esiliato in Francia ayatollah Ruhollah Khomeyni contro il laico governo iraniano. Quella manifestazione 'di sinistra' sinistramente ottusa, non unica purtroppo nel panorama europeo, contribuì a rafforzare politicamente i teocrati iraniani e facilitò la loro presa del potere. Un potere, esercitato ancora oggi in Iran, in nome del loro dio, imprigionando, massacrando e assassinando donne e oppositori. Un potere minaccioso anche al di fuori dei confini: con i continui tentativi smascherati e reiterati di dotarsi di una bomba atomica con la scusa dell'arricchimento dell'uranio per scopi civili; con la fornitura di materiale bellico ai russi per sostenerli nella comune campagna contro la civiltà occidentale; con il finanziamento e l'attrezzatura bellica fornita alle organizzazioni terroriste (Hamas, Brigate al Qassam, Hezbollah e, in misura minore, gli Houti). Organizzazioni che hanno per anni impegnato Israele con continui assalti, culminati il 7 ottobre 2023 con il massacro di 1200 tra civili e militari e il sequestro di 250 persone da usare come arma di ricatto. Una cosa è apparsa subito chiara: queste bande di assassini tagliagole al soldo dell'Iran, devono essere messe definitivamente in condizioni di non più nuocere. Per Israele è una guerra in cui è in gioco la propria sopravvivenza. Una guerra combattuta contro un nemico che usa civili palestinesi di tutte le età come scudi umani, teorizzando che la loro morte aiuta la loro causa, che usa gli ospedali come covi terroristici. Costoro, invece di far rifugiare i bambini nelle centinaia di km di tunnel costruiti distraendo risorse destinate allo sviluppo pacifico della Striscia e invece di riservare loro le migliori razioni alimentari ricevute con gli aiuti umanitari, li affama e li lascia morire sotto le bombe per impietosire un mondo che non riesce più a distinguere chi sono i loro veri assassini. Un mondo che, dall'8 ottobre 2023, invece di pretendere ossessivamente tutti i giorni da Hamas l'immediato rilascio degli ostaggi senza condizioni, invita ipocritamente Israele a moderare la sua reazione. Una scrittrice con un cognome doppiamente impegnativo, forse più attenta alle vendite del suo libro che alla verità, arriva a chiamare la difesa di Israele per sua sopravvivenza 'suicidio' e subito viene citata in tutte le salse dai più feroci antisemiti a cui non sembra vero di avere gratis un argomento così 'inoppugnabile' nei talk show. Ebbene vengo al dunque: considero la manifestazione indetta per sabato 7 giugno p.v. un oggettivo aiuto ad Hamas e, a costo di passare per un sacerdote votato al culto di Erode che ama le stragi degli innocenti, dico con chiarezza che non vi prenderò parte per due motivi: il primo l'ho appena spiegato elencando fatti inconfutabili. Il secondo è un banale giudizio politico: agli organizzatori della manifestazione del 7 giugno dei bambini massacrati gliene frega il giusto. La scelta del giorno è strumentalmente legata alla speranza di sollevare un po' dal letargo lo zoccolo duro del loro elettorato per farlo votare, nei due giorni successivi, ai referendum che sono notoriamente a rischio quorum. Ma anche la manifestazione convocata per il 6 a Milano, malgrado qualche meritorio distinguo in più, risponde strumentalmente all'esigenza dei 'riformisti' di esserci per non assottigliare ulteriormente il legame con la sinistra che li sopporta sempre meno quando non li schifa sfacciatamente. Poveri bambini di Gaza: da vivi servono da scudo ad Hamas, da morti servono da scudo per iniziative nate per scopi meno nobili. | |